È un mese di passaggio, novembre.
Il mese del primo vero freddo; il mese in cui il buio si fa tangibile e i colori si attenuano. Anche il calendario sembra sottolineare tutto questo, proprio all’inizio, nei suoi primissimi giorni. Il passaggio repentino da una festa collettiva per i santi, al Giorno dei Morti.
Tra l’altro, l’idea di celebrare tutti i santi in un sol colpo era parecchio antica. Almeno già alla fine del IV secolo, la chiesa siriaca lo faceva durante il tempo pasquale. Fu però solo alla fine dell’VIII secolo che il 1° novembre cominciò ad essere pensato come la data giusta. Erano i tempi in cui Carlo Magno combatteva strenuamente contro i residui di paganesimo in Nord Europa e forse la sua corte e il consigliere Alcuino videro in quella festa un modo per scalzare il potere degli antichi dèi. Qualche decennio dopo, l'imperatore Ludovico il Pio, su richiesta di papa Gregorio IV ispirato a sua volta dai vescovi locali, la estendeva a tutto il regno franco. Ma ci sarebbero voluti ancora secoli perché quel giorno diventasse per davvero, in tutta la chiesa d'occidente, la festa d'Ognissanti. Fu solo papa Sisto IV a renderla di fatto obbligatoria… e si era ormai al 1475. Ma le feste, quelle che contano davvero, si trasformano, accettano pure nuovi nomi e altre immagini, ma quasi mai le loro radici antiche e più profonde muoiono davvero.
Così è per quella notte magica di inizio novembre, in bilico tra caldo e gelo, tra vita e morte.
Questa volta la storia comincia in un bosco, dove la luce dorata e bassa gioca tra i cespugli colorati, e l'aria ormai fresca porta con sé quell'odore inconfondibile di funghi e di terra.
Anzi verrebbe da pensare che il tema della morte sia presente quasi per natura in quel punto del calendario, segnato da giorni di nebbie e da foglie secche. In realtà le cose sono, come al solito un po’ più complicate. Torniamo allora indietro nei millenni e ricominciamo dall’inizio...o almeno dai greci. Ebbene, non c’è traccia di morti o di fantasmi tra le loro feste autunnali. Questo perché da loro i defunti sono una questione legata soprattutto alla primavera. Quando la natura si prepara a rifiorire: è lì il momento pericoloso per davvero; perché assieme ai fiori e alle nuove piante, vien su di tutto dalla terra…anche gli spiriti i morti. Stesso discorso poi per i romani, che festeggiavano a febbraio i parentalia, il periodo di dieci giorni dedicato ai morti.
Ben poche tracce autunnali, insomma, se non in tempi di cristianesimo ormai trionfante: quelle che sarebbero legate al Capodanno celtico, festeggiato in molte parti dell’antica Europa, e spesso rievocato col nome che gli diedero in Irlanda, Samhain. Una festa che la chiesa avrebbe deciso di mitigare già a partire dall’VIII secolo, opponendole Ognissanti e dedicando il giorno successivo alla commemorazione dei defunti. Ora, bisogna dire però che a cercarla bene, quella festa celtica non è poi così documentata nelle fonti antiche. E quel poco non ci fornisce prove che la festa fosse per davvero legata al culto dei defunti: si parla di falò accesi e di celebrazioni in generale; e poco altro. Così se vogliamo provare a immaginare le cose solo per quello che i documenti antichi ci consentono, ci tocca dire che la prima volta in cui vediamo testimoniata con certezza la festa dei morti è solo nel 1030, istituita da Odilone abate di Cluny il 2 novembre dopo la festa di Ognissanti.
Di qui ad arrivare ad Halloween ce ne vuole, ma non poi tanto come si potrebbe credere. A metà del Cinquecento la festa c’era già da tempo, almeno nel Nord Europa: All Hallows eve, la vigilia, la sera (eve: evening) di tutti i Santi. In Inghilterra molte chiese acquistavano candele o torce per le processioni; nei cimiteri si accendevano falò per scacciare gli spiriti più pericolosi. Quei giorni erano ormai considerati un periodo di soprannaturale intensità, dove fantasmi, spiriti e streghe si facevano pericolosamente vicini. Non era tanto una questione celtica, quanto un influsso della chiesa, visto che simili credenze legate al 2 novembre erano vive anche in altri paesi cattolici. A cominciare dall’Italia, dove era credenza comune che nelle notti intorno ad Ognissanti i defunti lasciassero i luoghi di sepoltura per irrompere nel mondo dei vivi.
Poi capitò che le tradizioni scozzesi e irlandesi, cominciassero ad attraversare l’oceano.
Anche se forse all’inizio lo fecero un po’ di nascosto. I padri pellegrini e ai loro eredi, i puritani del New England, detestavano questo tipo di feste: colmi di fervore religioso e di fanatismo propendevano per vedere la mano del Demonio un po’ in tutto, persino in Ognissanti e addirittura nel Natale. Così non deve stupire troppo il lungo silenzio che calò su Halloween e tante altre cose. Negli Almanacchi nordamericani del XVIII secolo, sino agli inizi del XIX non ci sono tracce di questa festa. Furono necessarie le grandi migrazioni di fine Ottocento perché le cose cambiassero. Per gli scozzesi e gli irlandesi che venivano ora dall’Europa e che stavano sbarcando a decine di migliaia, quella festa era ancora importante; e lì, in quel nuovo mondo, diventava anzi un elemento importantissimo per affermare la propria identità. E a riprova del fatto che davvero gli americani celebrano le idee acquistandole, finì da subito che Halloween prese una piega commerciale: già nel 1874, si poteva leggere nel British Whig Weekly, in quali negozi poter comperare le maschere di Halloween; e pochi anni dopo già si indicavano con i dolcetti migliori e più tipici da comperare. E giusto per dire quanto i sentimenti siano relativi, nel 1876 c’era già chi, dalle colonne del New York Times, si lamentava di come lo spirito di quella festa fosse “ormai scomparso”: «I suoi trionfi e le semplici gioie, le feste e gli strani riti sono ormai una questione di storia e vivono solo nei versi immortali di Burns e nel folclore tradizionali». E chissà cosa avrebbero detto persone come quelle se avessero saputo che molti dei nuovi simboli di Halloween stavano proprio nascendo in quel momento. Jack-o'-lanterns, la zucca svuotata e intagliata in forma di teschio, era un probabile adattamento della vecchia tradizione di commemorare le anime del purgatorio con candele accese poste in vegetali scavati, come fossero fuochi fatui. Ma la prima volta che una zucca intagliata appare associata a Halloween, risale al 1° novembre 1866. Non solo, agli inizi del Novecento era diventata già una festa secolare le cui implicazioni soprannaturali erano ormai trasformate in giochi e in attività commerciali, fatte di maschere, scherzi, cartoline postali, ricordini e altro ancora. E poi ancora in tempi più recenti, le feste, i racconti dell’orrore, le maschere, il trick-or-treating cioè il “dolcetto o scherzetto” dei bambini, e via dicendo.
In Italia ci siamo accorti in anni abbastanza recenti di questa nuova versione di Halloween che arrivava dall’America. Le prime avvisaglie giunsero negli anni Sessanta assieme ai Peanuts, la strepitosa striscia di Charles Schulz. C’era Linus, un bambino con la camicia a righe orizzontali e una coperta a tenerlo al sicuro dalle sue angosce, che ogni 31 correva nel campo di zucche ad aspettare l’arrivo di The great Pumpkin, letteralmente “La Grande Zucca”. E immancabilmente rimaneva solo, senza nessuna apparizione, con gli amici in giro a fare dolcetto e scherzetto. Ma i primi traduttori italiani dei Peanuts dopo averci pensato un po’ conclusero che i bambini della Penisola avrebbero capito ben poco di quella festa e decisero di ribattezzare quel favoloso personaggio come “Grande Cocomero”. Lasciando il mistero sulla festa, ma donando agli italiani più che un ortaggio una vera e propria categoria dello spirito.
Halloween quello vero, allegro e consumistico, è in realtà uscito dall’America abbastanza tardi e ha cominciato a dilagare per il mondo solo negli anni Novanta, a seguito di una sempre più spinta globalizzazione dei consumi e di grandi operazioni commerciali e cinematografiche. Chiunque abbia visto il film di Tim Burton, Nightmare before Christmas, sa cosa intendo: le canzoni del seducente Jack Skeleton, sovrano del mondo di Halloween, spiegano meglio di tante parole, l’immaginario contemporaneo che vive attorno a questa festa.
Il resto è oggi: i bambini che in ogni strada del mondo se ne vanno in giro a fare dolcetto o scherzetto, le zucche intagliate a casa con tutta la famiglia, i costumi più alla moda, i pigiama party con i film dell’orrore da guardare sotto le coperte. Una festa colorata che mescola la paura alle caramelle con molta allegria. E indipendentemente dai gusti personali, non bollatela solo come fastidiosa operazione commerciale. Perché le feste cambiano, si rinnovano e si trasformano. Certo, chi si guarda indietro pensa che tutto ai suoi tempi fosse inevitabilmente meglio: ma non è colpa della festa. È colpa sua: perché non è più bambino. Un po’ come quel signore che in un numero di novembre del New York Times del 1876, sospirò che ormai era finita: non c’era più la magia e la semplicità dei bei Halloween passati…
Di
| Il Mulino, 2020Di
| Bompiani, 2016Di
| Ancora, 2016Di
| Il Ponte Vecchio, 2015Di
| Lindau, 2019Di
| Feltrinelli, 2020Di
| Adelphi, 2013Di
| Sur, 2018Di
| TopiPittori, 2018Di
| Elliot, 2013Di
| Adelphi, 2016Ti potrebbero interessare
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