Passato di letture

Il golpe silenzioso

Nel 2002, lo storico Francesco Biscione dava alle stampe un piccolo libro preziosissimo sul “sommerso della Repubblica”, ovvero il variegato blocco di interessi che aveva “subìto” la Costituzione era rimasto distante dal processo democratico ed estraneo, quando non ostile, ai valori cardine dell’antifascismo; una destra “profonda” tanto più pericolosa in quanto assai più ampia dei residui visibili del fascismo e del partito che a esso si richiamava. 

Negli anni terribili delle stragi, dunque, il problema non erano solo la Guerra fredda e gli “amerikani”, ma pure il sottobosco di casa nostra. Questo nuovo studio si colloca nel solco di quella riflessione, sviluppandola alla luce di vent’anni di acquisizioni documentali, principalmente carte declassificate dell’era Nixon e il ricco materiale acquisito agli atti del processo celebrato presso la Corte d’Assise di Roma dalla fine degli anni settanta in cui furono fatte confluire tutte le indagini sulle trame golpiste, dal 1970 alla minacciosa rete della “Rosa dei venti” affiorata nel ’74.

Dimenticate il “golpe da operetta” e il “raduno di pensionati”. Non solo il tentativo di golpe dell’8 dicembre 1970 fu reale, ma, più in generale, Biscione documenta come 

1. La dimensione del movimento golpista fu ben superiore a quanto finora noto.

2. Cospicui settori delle Forze Armate aderirono alla prospettiva golpista. 

3. Altri settori delle stesse Forze Armate, per fortuna, la osteggiarono, a cominciare dal generale Enzo Marchesi, capo di Stato maggiore della Difesa.

4. L’irrequietezza dei settori militari durò ben oltre il fallimento del golpe nel 1970.

Non si può prescindere da tutto questo nel ricostruire il quadro della strategia della tensione
La documentazione statunitense conferma che l’amministrazione Nixon, tramite l’ambasciatore di stanza a Roma Graham Martin, era ben informata di tutto; non auspicava la prospettiva del golpe, troppo destabilizzante in un contesto come quello italiano, ma lasciò fare (e sperare) i cospiratori: lo spettro del golpe e la paura che generava erano pur sempre preziosi per tenere a freno le ambizioni della sinistra.

E gli esponenti dei governi italiani di quel giro d’anni, cosa sapevano? Molti indizi indicano che ricevettero informazioni dall’ambiente militare, ancorché frammentarie, come osserva Biscione: il problema è che non sappiamo cosa ne fecero. La questione – cruciale – resta aperta alla ricerca e alla discussione. Certo, fa specie leggere in un dispaccio che il democristiano cinque volte premier Mariano Rumor dicesse all’ambasciatore Martin che il compagno di partito Flaminio Piccoli si era messo “a giocare coi militari”. L’ultima parte del saggio si concentra sull’“enigma Andreotti”: dal dicastero della Difesa, senza mai esporre il disegno complessivo, il politico ne svela però alcuni frammenti, mentre riprende il controllo dei servizi segreti – usando il generale Maletti contro il generale Miceli.

Una manovra controllatissima con cui, mentre allontana molti ufficiali in odor di golpismo, al tempo stesso rafforza il proprio potere.
Il tutto senza disturbare la “svolta tecnocratica” che vede subentrare ai circoli militari un ben più ampio circuito di potere – ma sempre nel segno della loggia P2 di Licio Gelli, che difatti viene tenuto accuratamente fuori da ogni indagine giudiziaria sui tentativi golpisti. E qui val la pena ricordare che l’istruttoria unificata sulle trame golpiste fu condotta dal P.M. Claudio Vitalone che, dopo aver concluso la requisitoria, avrà un posto al Senato con la corrente del divo Giulio.

Dopo il ’75, nella P2 si afferma la linea secondo cui non c’è bisogno di manovre esplicitamente autoritarie.
Con qualche decina di miliardi e un’efficace capacità di influire sulle nomine nei posti che contano, dalle banche, ai giornali, alle burocrazie ministeriali, si può svuotare dall’interno una democrazia conservandone un simulacro. In attesa, s’intende, di una riforma in senso presidenzialista che renderebbe tutto più facile.
Una storia, questa, ancora tutta da scrivere.

Abbinamento per buongustai
Uscito in Francia nel 1931, messo al rogo dai nazisti e commentato dal “rivoluzionario permanente” Trockij, il libello con cui un insolito Curzio Malaparte illustra la Tecnica del colpo di Stato, e i vari tipi di golpe, che gli costò il confino

Gli altri passati di letture

La posta della redazione

La posta della redazione

Hai domande, dubbi, proposte? Vuoi uno spiegone?
Scrivi alla redazione!

Chiudi

Per poter aggiungere un prodotto al carrello devi essere loggato con un profilo Feltrinelli.

Chiudi

Per poter aggiungere un prodotto alla lista dei desideri devi essere loggato con un profilo Feltrinelli.

Chiudi

Il Prodotto è stato aggiunto al carrello correttamente

Chiudi

Il Prodotto è stato aggiunto alla WishList correttamente