Luce sulla Storia

AFIS: i dieci anni di Amministrazione fiduciaria della Somalia all'Italia

Illustrazione digitale di Marta Punxo, 2023

Illustrazione digitale di Marta Punxo, 2023

Il 21 novembre 1949 la United Nations General Assembly assegna il territorio della Somalia in amministrazione fiduciaria aI governo italiano, si tratta della risoluzione n. 289 (IV) che dà avvio all’Amministrazione fiduciaria della Somalia (AFIS), un periodo di protettorato che per i dieci anni a seguire continua a tenere vivi i fili che legano la Somalia all’Italia.

Il rapporto tra i due paesi era iniziato già a partire dagli anni Ottanta del 1800, quando l’Italia aveva mostrato le prime mire espansionistiche sui porti della costa somala, e si protrae fino all’ultima fase dell’espansionismo del governo fascista quando, nel 1936, viene fondata l’A.O.I. (Africa Orientale Italiana), che verrà destituita cinque anni dopo con l’arrivo degli alleati inglesi nel Corno d’Africa.

Il ritorno italiano in Somalia a guerra ormai conclusa rappresenta un laboratorio politico sperimentale perché inquadrato in una nuova cornice istituzionale chiamata Trusteeship System.
Tramite questo strumento giuridico l’Italia, e con lei le Nazioni Unite, si impegnava a condurre la Somalia verso l’indipendenza in un arco di tempo stabilito di dieci anni assumendosi questa responsabilità di fronte al popolo somalo e alla comunità internazionale. 

Si tratta di un tipo di decolonizzazione che gli storici definiscono «calata dall’alto», risultato di una contorta vicenda diplomatica che arriva a questo punto di svolta dopo una gestazione di dieci anni.
Un processo di lunga durata che aveva come obiettivo, per la Somalia postcoloniale, il raggiungimento dell'autonomia amministrativa che doveva passare attraverso la formazione di una classe di funzionari somali.

“Maestri e professori, funzionari amministrativi e giudiziari, medici e veterinari, ingegneri e geometri, addetti militari e tecnici aeroportuali”, sono le categorie di esperti italiani che rimangono a lavorare nei ministeri somali dopo l’indipendenza: «le figure professionali che l’Italia si impegnava a fornire, nella prospettiva di quella che sarebbe presto stata definita la cooperazione allo sviluppo», scrive lo storico Antonio Morone.

Nello stesso periodo l’Italia si era impegnata energicamente nella creazione di un sistema pubblico d’istruzione scolastica, in concorrenza con gli analoghi processi di acculturazione di stampo arabo, promossi dal governo egiziano di Nasser.
A differenza di quanto non avevano fatto le politiche fasciste, negli anni di amministrazione fiduciaria si avvia un lungo processo di «somalizzazione», che passa però attraverso forme istituzionali, giuridiche, amministrative e soprattutto linguistiche ancora italiane.

Quello della Somalia è l’unico caso di decolonizzazione guidata dal governo italiano, direzionata dall’alto e non indotta da movimenti interni di liberazione. Un’occasione imperdibile per la neonata Repubblica di riabilitare la propria immagine pubblica dopo il fascismo, al cospetto delle altre nazioni europee.

La città di Mogadiscio ha mutato volto e prende un aspetto irriconoscibile a chi la vide qualche anno addietro. Ho creato da una povera topaia, aggregato di più case indigene, una sede degna del rappresentante dell'Italia nuova in una grande colonia. Qualunque opera venga costruita porta i segni inequivocabili della civiltà littoria che la crea, della dinastia che regge la patria, del governo che agisce; queste opere così segnate nella pietra, nel cemento e nel bronzo ricorderanno ai venturi quanto sia stata ferma la nostra volontà e quanto e quale spirito l’abbia guidata.

A scrivere è il governatore De Vecchi di Val Cismon, nel 1927 in una relazione diretta a Mussolini a conclusione del suo governatorato in Somalia. De Vecchi era il promotore di una politica di riorganizzazione urbanistica basata sull’utilizzo segregato dello spazio pubblico, attraverso la netta differenziazione dei quartieri destinati alle abitazioni degli arabi e di quelli costruiti per l’élite italiana.

L’AFIS si inserisce per forza di cose in una trama di linee di continuità con la dominazione precedente, in un territorio ancora del tutto marcato dalla relazione di potere subita per decenni, in cui le politiche di intervento pubblico, le iniziative commerciali e le nuove costruzioni architettoniche avevano rappresentato degli inequivocabili strumenti di dominazione.

A gennaio 2022, un nuovo giornale radio è tornato a far risuonare l’italiano sulle frequenze di Radio Mogadiscio, sollevando una serie di reazioni contrastanti in un paese ancora del tutto privo di governance, afflitto da un’instabilità profonda dovuta a decenni di guerra civile. Difficile fare un bilancio di quali e quanti dispositivi ideologici siano rimasti attivi – per usare un’immagine dello storico Nicola Labanca – come immagazzinati dentro «un serbatoio della memoria collettiva», ancora capaci di tornare in azione e ripresentarsi in forme e contesti altri.

La Somalia resta un territorio trincerato dove è praticamente impossibile indagare cosa resta di tutta quella prossimità culturale e politica con il nostro Paese, di che vie carsiche e attraverso quali continue trasformazioni e rimodellamenti sia passata, a partire da quel primo luglio 1960, quando le bandiere italiane e quella delle Nazioni Unite sono state ammainate a segnare la fine del controllo italiano sulla Somalia.

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