Capita spesso, nelle discussioni che hanno al centro dei fatti storici, di sentire costruzioni lessicali che vedono nel ruolo del protagonista un particolare gruppo umano dai contorni variabili: il "Noi", appunto.
Cosa vuol dire osservare la Storia - quella grande, maiuscola, composta di tutte le storie più piccole di cui ciascuno di noi è portatore - potendola raccontare in diretta, in uno spazio aperto al quale miliardi di persone hanno accesso ogni giorno?
La voce di Francesco Filippi si è fatta strada, nel corso di pochi anni, come una delle più originali e convincenti all'interno del dibattito storiografico contemporaneo.
Attraverso la decostruzione di luoghi comuni che inquinano una più chiara comprensione di quanto è accaduto, Filippi riesce a coinvolgere i lettori, sollevando paradossi, sparigliando le carte di discorsi che altrimenti resterebbero impantanati nelle pastoie dell'approssimazione e del "sentito dire".
Il mondo dei social network è variegato e, soprattutto, ha le sue regole; e chi si occupa di storia non può ignorarle, se vuole interagire col mondo in cui vive.
Il nuovo saggio che Filippi pubblica con Bollati Boringhieri mette le carte sul tavolo sin dalla copertina, dove campeggia una sorta di vademecum in dieci punti che riassumono bene i temi cui il nostro dedicherà la sua attenzione in modo più articolato all'interno del libro stesso. La questione principale è se sia possibile usare quello strumento potente ma vulnerabile che sono i social network per offrire un contributo significativo, nuovo e dinamico alla disciplina codificata ma in perenne evoluzione che è il fare storia.
I social, è certo, offrono una simultaneità di interazione che - quando è sfruttata nel modo migliore - consente di fotografare eventi e discussioni nel loro farsi, come mai era potuto accadere prima d'oggi. D'altra parte, la natura stessa dello strumento lo rende lo spazio d'elezione di alcune "trappole retoriche", prima delle quali è la posizione dalla quale vi si prende parte e con la quale ci rappresenta.
Cos'è, ad esempio, "noi", su Facebook o su Twitter? Da quale peculiare piedistallo chiunque può ergersi ad esperto - al netto della propria effettiva autorevolezza in un ambito specifico com'è ad esempio quello storico - e pretendere che le proprie teorie in quelle discipline valgano quanto quelle di persone che le hanno studiate a lungo, contano diverse pubblicazioni al proprio attivo e magari ne siano autorevoli interpreti agli occhi del mondo intero?
Oltre ad essere autore di libri, Francesco Filippi è collaboratore di Maremosso dalla prima ora del nostro magazine. Per la rubrica "Passato di letture" recensisce saggi di argomento storico.
Da qui parte l'indagine di Filippi, che però toccherà altri punti non meno importanti, consegnandoci a lettura finita il quadro vivacissimo e tutto sommato non sconfortante di un momento di grande dinamismo, promettente e foriero di opportunità nuove.
Tutti coloro che sono interessati a coglierne appieno le potenzialità e a partecipare in modo più consapevole a quella che possiamo definire senz'altro una rivoluzione della condivisione, farebbero bene a leggere la guida semiseria redatta da Francesco Filippi e a non lasciarsi ingannare da quell'aggettivo, "semiseria": non è un modo per mettere le mani avanti e sminuire la bontà delle sue intuizioni, quanto un invito a considerare tutto con una sana dose di apertura all'ironia, e contemplando magari l'ipotesi che quanto si sta affermando con assertività degna di miglior causa, possa essere in fondo soggetto a contradditorio e rivelarsi... imperfetto! Proprio come i nostri post su Facebook, no?
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