È molto difficile incontrare un thriller oscuro, con personaggi potenti e nel quale accadano cose rilevanti e che al tempo stesso presenti un senso dell'umorismo
Juan Gómez-Jurado giace davanti a noi, supino, sulla moquette del nostro spazio interviste, gli occhi chiusi, nel cuore della Stazione Centrale di Milano. Ma è mattina, non notte. C'è qualcosa che non torna. La sua immobilità non è incoraggiante e fa pensare agli incipit dei formidabili thriller dei quali i suoi editori hanno venduto milioni di copie in tutt'Europa. Che Jurado sia stato assassinato?
Dopo Regina Rossa e Lupa Nera, l'attesissima conclusione della trilogia bestseller di Juan Gómez-Jurado: l'ultima corsa contro il tempo di Antonia Scott. La più impossibile, la più disperata.
Facciamo un passo indietro. Torniamo a un'ora prima.
La vita dello scrittore è faticosa: chiunque sostenga il contrario, probabilmente non ha mai avuto occasione di incontrare uno scrittore da milioni di copie vendute quando è nel mezzo di una tournée promozionale.
Prendiamo Juan Gómez-Jurado: nonostante l'età ancora giovane, questa inarrestabile macchina da bestseller è sulla scena da più di quindici anni. Tre lustri nel corso dei quali i suoi libri hanno raggiunto e convinto tantissimi lettori, infrangendo record dopo record.
Non c'è da stupirsi, dunque, se la sua trilogia che vede protagonista Antonia Scott - il personaggio forse più potente fra quelli partoriti dall'immaginazione di Gómez-Jurado - abbia alzato ulteriormente l'asticella in un campionato affollatissimo com'è quello che si gioca fra i più celebrati thrilleristi europei.
Ma Gómez-Jurado ha le spalle larghe. Sa come mantenere le promesse fatte con il primo capitolo di questo ciclo romanzesco, e nell'ultimo libro le fila si riannodano seguendo un disegno che - ora lo vediamo bene - nella mappa mentale dell'autore aveva preso forma compiuta da tempo.
Già. Ma cosa significa essere scrittore di mappa, rispetto a chi i propri romanzi li compone con la bussola? Lo chiediamo direttamente a Gómez-Jurado, assieme a tante altre cose riguardanti il suo bellissimo e difficile mestiere: come si coltivi l'ironia necessaria a tenere un distacco rispetto ai fatti terribili di cui si scrive; quale sia il valore del non cercare troppe informazioni prima di affrontare un'avventura (su libro o in un parco di attrazioni); come fare a dare peso e credibilità a personaggi coi quali si dovrà convivere a lungo, in quanto autori...
Un'intervista, insomma, che è anche una valida cassetta degli attrezzi per chiunque intenda misurarsi con la scrittura di un forsennato romanzo di genere, nella consapevolezza che - perché l'incantesimo funzioni - bisogna conoscerne bene la formula, e personalizzarla con qualche parte di sé.
E dunque, ecco svelato l'arcano: alla fine dell'intervista - nel corso della quale Juan non si è davvero risparmiato - il nostro ci ha chiesto, quasi timidamente, se poteva sdraiarsi un momento per distendere le membra e riaversi dal lungo viaggio affrontato per arrivare in Italia.
... e cosa volete rispondere, a uno così?
Accomodati, Juan: che la nostra moquette ti sia lieve.
Ci vediamo al prossimo thriller.
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