In occasione del mese dello sport, Maremosso ha intervistato per voi il capo redattore e una delle autrici de "L’Ultimo Uomo", la rivista dedicata allo sport nata nel 2013 che oggi arriva nelle librerie con un nuovo titolo: Rivali. Sfide leggendarie che hanno cambiato lo sport.
In questo volume, le storie più emozionanti di incredibili atleti che hanno onorato le diverse discipline nelle quali gareggiavano – boxe, tennis, ginnastica e basket ma anche tanti altri sport – ci vengono mostrate in tutta la loro profonda umanità. Mettendo sempre l'accento sui frutti di competizione e rivalità leggendarie senza le quali, oggi, non avremmo né sportivi né episodi così epici da meritare un posto tra le pagine della narrazione.
Tra le vicende più note, Dario Vismara – esperto di Basket NBA da più di un decennio – ci racconta la leggendaria rivalità fra Michael Jordan, icona cestistica degli anni ’90, e Kobe Bryant, che ne ha seguito le orme, occupando uno spazio importantissimo nella pallacanestro degli anni 2000.
Vi siete mai chiesti che tipo di rapporto ci fosse tra i due?
Non è mai successo né prima né dopo che un giovane si presentasse a una superstar e gli dicesse: “Insegnami come fai”. Quando Bryant lo fece con Jordan, all’inizio lui la prese come una mancanza di rispetto, poi però capì che erano fatti nella stessa maniera e iniziò ad aiutarlo. Si sentivano continuamente. Jordan lo definì come un «rapporto ventennale di chiamate nel cuore della notte»
Nel 1996 Kobe Bryant entrava nell’NBA e Michael Jackson era il cestista più famoso al mondo. Bryant, come ci rivela Vismara nell’ultimo capitolo di Rivali, aveva deciso sin da subito di voler non solo eguagliare MJ, ma addirittura superarlo per «strappargli il cuore dal petto».
È immediata la competizione che si crea tra di loro: Michael Jackson, già abituato alla schiera di ragazzini che provavano a rubargli il posto, non faceva altro che difendere il proprio status, ma più Bryant manifestava il suo zelo nel voler imparare da lui, più MJ non poteva che cedere a quello che – nella commovente onoranza funebre dedicata a Bryant – definisce un «fratellino minore che arreca fastidio, ma alla fine non puoi fare altro che adorarlo». È in quel momento, sotto gli occhi di tutti, che l’idea comune di rivalità si rivela sotto un’altra veste: quella dell’amicizia, della stima e dell’affetto.
Ho raccontato la storia fra Billie Jean King e Margaret Smith Court, due tenniste che si sono affrontate tra la fine degli anni ’60 e gli inizi degli anni ’70. La rivalità tra loro è stata sì in campo, ma è andata anche oltre, arrivando fino a qualche anno fa, riguardando la politica del tennis femminile
Uno sguardo tutto al femminile ce lo offre invece Elena Marinelli, autrice del penultimo capitolo di Rivali, intitolato Mangia Prega Ama.
La motivazione dietro a questo – ben conosciuto – titolo? Semplice. Vi è spiritualità anche nello sport, quando persegui con devozione un obiettivo.
Le due protagoniste si sono sfidate negli anni sia sul campo da tennis sia sul campo politico, portando avanti una storica rivalità la cui eco non si è di certo spenta in quel 3 luglio 1970 durante la più lunga finale femminile di tennis a Wimbledon.
Come non ricordare, qui, il recentissimo ritiro di Roger Federer, immortalato in lacrime assieme al suo rivale di sempre, Rafael Nadal?
Archetipo perfetto di rivalità virtuosa, che ha spinto i due atleti a dare sempre il meglio di sé.
Più significativo delle lacrime, in quel momento, è stato il gesto di tenersi per mano. È stato finalmente chiaro a tutti che, oltre ad essere stati due acerrimi rivali, sono riusciti a sviluppare un’umanità che va al di là. E quella rivalità stessa si è chiusa in maniera epica
Rivali vi aspetta con queste incredibili vicende e altre imperdibili testimonianze, in libreria!
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