Venerdì 26 maggio 2023
Quando un uomo politico compie cent’anni, tutti si complimentano in genere per la sua longevità e ripercorrono il suo passato.
Per Henry Kissinger è diverso: tutti si chiedono che cos’abbia da dire ora sul futuro: sull’Ucraina, su Taiwan, sull’Intelligenza Artificiale.
Questo succede perché probabilmente Kissinger è considerato immortale.
Heinz Alfred Kissinger, ebreo tedesco nato nel 1923 in un paese della Baviera, aveva dieci anni quando Hitler salì al potere e quindici anni quando per le leggi razziali gli fu impedito di frequentare il ginnasio e la squadra di calcio della sua cittadina. La sua famiglia riuscì a trovare un passaggio in nave per fuggire dalla Germania. Furono tra i pochi fortunati.
La famiglia Kissinger trovò accoglienza a New York in una comunità di esuli tedeschi, la madre lo seguì negli studi e lo sostenne preparando dolci per le feste di bar mitzvah della comunità.
Fu un ragazzo prodigio, votato alla storia: la sua dissertazione di laurea, 400 pagine a Harvard (università in cui gli ebrei erano mal visti), aveva come titolo: “Il significato della Storia, riflessioni su Spengler, Toynbee e Kant” e fu accolta come un evento di rilievo.
Ragazzo prodigio, sicuramente non atletico, con gli occhiali, spiritoso, con uno spiccato accento tedesco che non abbandonerà mai, Kissinger si fece strada solo con la sua cultura e la sua curiosità.
Di fatto, inventò la "geopolitica" e divenne qualcosa che Niccolò Machiavelli era diventato nell’immaginario del Rinascimento: un grande consigliere del potere, sulla base non tanto di una convinzione ideologica, quando degli insegnamenti della Storia.
La sua carriera è nota: Kissinger salì al potere come segretario di Stato di Richard Nixon, trattò per lui l’uscita dalla guerra in Vietnam – la cosa gli valse uno dei più strani premi Nobel per la Pace, quello condiviso con Le Duc Tho per i colloqui di pace di Parigi - ma la sua consacrazione come stratega politico derivò dal fatto che fu lui a scoprire la Cina comunista di Mao e a farne, da pese reietto, un partner del capitalismo americano, probabilmente il più grosso cambiamento geopolitico della seconda metà del Novecento.
Tutti ricordano lo “scandalo” dell’incontro Nixon-Mao, la strategia del pingpong, la creazione del “Pacific Ring” che ha introdotto al globalismo il mondo occidentale.
Dotato di un enorme potere politico e militare, Kissinger lo ha usato con spregiudicatezza e violenza nei confronti dell’America Latina, favorendo le dittature in Cile e Argentina ma anche quelle in Cambogia e in Laos, e con diplomazia di lunga lena in Medio Oriente; ma un avvenimento – ed è lui stesso a ricordarlo spesso – lo ha sorpreso, perché non previsto: la rivoluzione iraniana del 1979, l’abbattimento dello Scià che sembrava invincibile, il “revival sciita”, ovvero il risorgimento di una dimenticata setta del mondo musulmano medievale, cui nessun geopolitico aveva prestato attenzione.
L’idea di una rivoluzione “in conto di Dio”, e di un suo successo non effimero, colpì nettamente la sicumera storica e teorica di chi aveva preso a considerarsi il padrone del mondo - un mondo che aveva imparato a misurare sulle orme di Napoleone, della pace di Vienna e su quella di Westfalia. Un mondo che gli era sempre sembrato attuale.
Kissinger capì, con gli anni, che i vecchi metodi, i vecchi approcci, con quell’avvenimento imprevisto, avevano smesso di funzionare; ma anche che i vecchi tempi non sarebbero tornati.
Il resto della sua vita, e della sua produzione intellettuale è stata determinata da quell’avvenimento, che gli ha sicuramente tolto sicurezza, mas gli ha anche dato finezza.
Fuori da un potere pressoché assoluto esercitato dagli anni Settanta agli anni Novanta del ventesimo secolo, Kissinger è rimasto il più ascoltato statista di tutti i governi americani che si sono succeduti e un consulente per molteplici politici o aspiranti tali nel mondo.
Con i suoi cent’anni si celebra forse il Machiavelli del XX secolo, sicuramente il giocoliere della “realpolitik”, indubbiamente una persona che si è macchiata dei peggiori crimini ma che altri ne ha evitati.
E, in più, ha conservato il senso dell’umorismo.
Condannato a vivere in eterno.
Di
| Feltrinelli, 2013Di
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