Diario di bordo

Democrazie alla prova della verità

Giovedì 13 ottobre

Giornata impegnativa, giovedì 13 ottobre, sulle due sponde dell’Atlantico.

A Roma il Senato decide se fermarsi a un passo dalla vergogna, o se accettarla, quasi gioiosamente; a Washington, in diretta televisiva, la commissione d’inchiesta della Camera dei Deputati conduce la sua ultima seduta pubblica, alla ricerca della verità su quanto è accaduto il 6 gennaio di due anni fa: il più grave attacco alla democrazia mai tentato in Occidente.
Si tratta della conclusione della più grande indagine che si sia mai svolta in America, all’altezza della posta in gioco (Watergate, per dire, era molto meno).

La Commissione, che è priva di potere coercitivo, ha ascoltato centinaia di testimoni e consultato milioni di informazioni digitali, per scoprire le responsabilità dell’ex presidente Donald Trump, accertando – con una schiera di drammatiche deposizioni – che sì, l’allora presidente organizzò e finanziò la “spedizione” al Campidoglio allo scopo di invalidare il risultato delle elezioni; solo per l’eroica resistenza dei pochi poliziotti di guardia e per il coraggio del vicepresidente Pence, l’obiettivo non venne raggiunto.
Ma Trump è stato ancora in grado di inquinare la verità e si appresta a farlo di nuovo se il suo partito di nuovo lo voterà come candidato alle presidenziali del 2024.

L’udienza di oggi promette di essere una sorta di arringa finale, quella che dovrebbe inchiodare Trump alle sue responsabilità: politiche sicuramente, ma anche penali, visto che sugli stessi argomenti il Dipartimento di Giustizia segue la stessa pista. In particolare, la Commissione presenta testimoni nei servizi segreti, dopo aver ascoltato e visionato un milione di fonti di prova, tra chat, mail e testimonianze dirette. Si proverà, così almeno è stato annunciato, il collegamento diretto tra il presidente e i dimostranti, i suoi tentativi di mettersi direttamente alla guida della folla, il ruolo organizzativo avuto dal suo consigliere Roger Stone, che aveva chiesto (e otterrà) il “perdono presidenziale”.

E poi? La democrazia avrà dimostrato che, con le sue sole armi pacifiche, può salvare sé stessa? La prima risposta si avrà tra meno di un mese, alle elezioni di midterm.

Per quanto riguarda l’Italia, invece…. speriamo solo di non fare troppo brutta figura.

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