Diario di bordo

La parola "povertà"

Venerdì 30 settembre

“Parole, parole, parole … caramelle non ne voglio più”, cantava Mina nel secolo scorso, ed era il primo urlo femminista lanciato contro la banalità e la noia della vita coniugale borghese.

Ora, in questo deprimente momento in cui sono tristi i perdenti ma anche un po’ i vincitori, la questione delle “parole per dirlo” torna alla ribalta.
E si scopre quanto schermo di ipocrisia è stato srotolato per non dire le cose come stanno. Per esempio: “diminuire le diseguaglianze”, cosa voleva dire esattamente?
E “coesione sociale”? E “agire sul cuneo fiscale”? e “evitare proposte divisive”? E “compatibilità?” E “sostenibile?” … Nessuno lo ricorda più.

E così è stata una piccola sorpresa scoprire che Giuseppe Conte, che si presenta come “avvocato del popolo” abbia avuto così tanto successo; ha usato le parole giuste: per esempio “poveri” e “ricchi”. La sua arringa di successo: “non permetteremo a gente che guadagna 500 euro al giorno di togliere un sussidio ai poveri di 500 euro al mese”.
Peraltro, erogati con un’umiliante carta di credito dello Stato che permette acquisti – non viziosi, eh!  - nei supermercati e nelle farmacie.

C’è qualcosa di molto brutto nella “pulizia” delle parole che la sinistra in questo paese ha contribuito ad ottenere.
E che però riemerge dagli abissi, ogni volta che può: esiste il Sud ed esiste il Nord, esistono i ricchi ed i poveri, esiste la mafia imprenditrice che controlla tutta l’edilizia, esistono i contratti da fame agli stagisti, esiste la scandalosa esenzione dalle tasse di successione, esistono da sempre i ricchi che non pagano le tasse e se ne vantano… ed esiste l’avvocato del popolo nato in un minuscolo paese della Puglia e - per caso fortunato – diventato due volte presidente del consiglio, che prende il 15 per cento parlando ai “cafoni” dei suoi paesi.

Già, i cafoni... Giuseppe Di Vittorio, il grande sindacalista, quando venne eletto in parlamento, disse: “porto qui la voce dei cafoni”. Pio La Torre, il grande segretario del PCI siciliano, usava dire: “sì, prendiamo voti, ma purtroppo ci votano solo i poveracci”.

Mi ha fatto piacere che sia stato eletto in parlamento Aboubakar Soumahoro, il sindacalista dei braccianti nella Puglia schiavista, non tanto diversa da quella che Di Vittorio rappresentava.

Sarebbe, secondo me, un ottimo segretario del PD.    

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