C’è una strage che dura ininterrottamente da mezzo secolo e ne sono autori gli esseri umani: il massacro degli animali selvatici che condividono con noi il pianeta terra.
Il rapporto annuale del WWF e della Zoological Society of London rivela che la popolazione della fauna mondiale è diminuita di un devastante 70 per cento dal 1970 a oggi.
Dagli oceani alle foreste tropicali, dalle montagne ai deserti, il numero di pesci, volatili, rettili, anfibi e mammiferi è sceso di più di due terzi negli ultimi cinquant’anni.
A farli morire non sono state le fucilate dei cacciatori, almeno non solo quelle: le cause principali sono la deforestazione e l’inquinamento.
Due fenomeni creati dall’umanità e a cui soltanto l’umanità può mettere fine, se non vuole che entro qualche decennio di animali selvatici non ne rimanga praticamente più nessuno.
Denominato Living Planet Report, lo studio ha analizzato 32 mila popolazioni di 5230 diverse specie.
L’America Latina, inclusa l’Amazzonia, è la regione del mondo che ha visto il calo più drastico: il 94 per cento di animali in meno rispetto al 1970.
Al secondo posto c’è l’Africa, con un calo del 66 per cento, seguita da vicino dall’Asia con il 55. Il Nord America ha avuto una diminuzione del 20 per cento del numero di animali selvatici e l’Europa del 18 per cento.
Quasi novanta scienziati da tutto il mondo hanno partecipato alla stesura del rapporto.
Nelle conclusioni rivolgono un appello ai capi di governo affinché firmino un ambizioso accordo al Cop15 del dicembre prossimo in Canada, il summit internazionale sulla biodiversità, per ridurre le emissioni di carbonio e fermare la deforestazione. L’alternativa, ammoniscono gli studiosi, è la “sesta estinzione di massa”, la più grande perdita di vita sulla Terra dal tempo dei dinosauri, e la responsabilità in questo caso sarà soltanto nostra, di noi umani.
Riusciremo a sentire il richiamo della foresta, prima che sia troppo tardi?
Rapito e condotto tra i ghiacci del Klondike, all'epoca della febbre dell'oro, il cane Buck viene picchiato e costretto a divenire un cane da traino, sperimentando i molteplici volti dell'animo umano, meschinità e grandezza, cupidigia e altruismo, aggressività e affetto.
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