Diario di bordo

I colpevoli e le prove

Mercoledì 22 marzo 2023

Ieri sera avevo in mente di scrivere d’altro – in particolare dei riservisti dell’esercito di Israele che si ribellano in massa a Netanyahu – quando, intorno alle otto, ho visto comparire la notizia che Alfredo Cospito ha corso il rischio di andare al creatore per una crisi cardiaca.
Così almeno ha riferito il suo avvocato, perché non esiste un bollettino medico ufficiale sulle condizioni dell’anarchico in sciopero della fame (da quanto tempo nessuno lo ricorda più), circondato da una cortina di ipocrisia rara, stolida, sicura di sé.
Tutte quelle persone che sanno che Cospito morirà, o potrebbe morire, e così tutti quelli che potrebbero intervenire e non lo fanno, si sono già assolti in anticipo, chi con una lacrimuccia, chi con la faccia feroce. L’autoassoluzione preventiva è la moda del momento.

Una prova? L’emotività oratoria di Giorgia Meloni per autoassolversi dalla strage di Cutro, ieri in Senato.
Il primo argomento, oltremodo legittimo, è stato personale e sicuramente sincero, anche se scontato: “sono una madre”, e quindi - sottotesto implicito - non avrei potuto mandare a morire dei bambini.
Il secondo invece, mi ha colpito per il suo sofismo. Meloni ha citato il famoso “Io so” di Pasolini, anzi “io so, ma non ho le prove” come l’esempio di una volontà ideologica, politica, di condannare un colpevole già identificato (e nel caso di Pasolini erano i mentori culturali e politici di Giorgia Meloni).
“Prima si individua il colpevole, poi si trovano le prove”, ha detto alzando la voce, “e questa”, rivolgendosi all’opposizione, “è la vostra idea di giustizia” . “Ma”, ha concluso tra gli applausi della sua parte, “le prove non ci sono!”.  E poi, “io sono una madre”.

Credo sia la prima volta che Pasolini viene straziato così. Nessuno aveva mai osato farlo.

Chissà da quanto Meloni lo covava.

O forse, senza saperlo, si è adeguata la finzione, come spesso succede.
Per esempio, c’è un passaggio classico dei film gialli del tenente Colombo, quando il sornione e dimesso funzionario della polizia di Los Angeles ricostruisce il delitto e accusa il riccone di turno di essere il colpevole. E questo, nella sua bella casa, in procinto di andare a una festa, sorride e gli dice: “Bel colpo, tenente, ma lei non ha le prove”.

E invece il tenente Colombo le ha sempre, le prove.

Ho l’impressione che Meloni abbia sbagliato il suo approccio al caso.

Libri per approfondire

La frontiera

Di Alessandro Leogrande | Feltrinelli, 2017

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