Diario di bordo

A Gerusalemme, l'anno prossimo? No: ora!

Martedì 28 marzo 2023

A Gerusalemme è calata la notte.
Spengo i canali che mi hanno tenuto attaccato per tutta la giornata. Dunque, Netanyahu ha ceduto, ha ritirato il suo piano di riforma della giustizia che avrebbe trasformato Israele in una dittatura, al termine di 48 ore che passeranno alla storia. Per cosa? Per le decine di migliaia di bandiere bianche e azzurre con la stella di David che garriscono nel vento di marzo, per il pacifismo determinato della rivolta, per le diserzioni nell’esercito, per lo sciopero generale indetto sia da Confindustria che dai sindacati, per gli aerei fermi sulle piste dell’aeroporto di Tel Aviv, il porto di Haifa bloccato, le ambasciate chiuse, i grandi ospedali fermi e così i centri commerciali, la gente per le strade a prendersi – senza troppo lamentarsi - i getti degli idranti.

Se voi siete a conoscenza di un evento più clamoroso nella storia recente, ditemelo.
Io non ne conosco: è stata la prima vittoria sul campo della democrazia nel ventunesimo secolo, ed è avvenuta sull’esempio della piccola Ucraina, il vero David contro Golia.

È una cosa rara, di questi tempi, in cui la democrazia subisce colpi dappertutto: in America è assediata dal populismo trumpista, in Inghilterra se la passa male, in Francia è sottoposta a stress, in Italia vive il suo momento più grottesco… In Russia e in Cina non è mai esistita. Perché mai una normale riforma, qual è quella di mettere sotto controllo politico la magistratura, in un piccolo stato assediato da vicini ostili, ha suscitato una così inaspettata risposta da parte del piccolo Israele? Come mai questo piccolo paese, con appena 75 anni di vita – e vissuti nella maniera più avventurosa – ha visto così chiaramente le disgrazie che il futuro le riservava?

Non ci credeva nessuno, diciamo la verità.
Nemmeno gli scrittori, che di Israele sono stati la coscienza. L’altra Israele, quella laica, socialista, pioneristica sembrava ormai ridotta ai margini dalla crescente avidità di coloni, immigrati dalla Russia, neo-ortodossi provenienti da Brooklyn e Williamsburg e spinti dal genero di Donald Trump a fare business con gli sceicchi sauditi. Questa era la storia recente del paese e il futuro prossimo, a cui il paese ha detto no. Non è la nostra storia, non è il nostro futuro: andate via! Non siete il nostro futuro.

Chissà da dove hanno preso tutta questa forza, gli israeliani.
E chissà quanta ne potranno trasmettere. La Francia sembra essere il primo test. E i vecchi ricordano che all’inizio di quello che sarebbe diventato il maggio 68, a guidare una rivolta fu un ragazzo dai capelli rossi, che veniva disprezzato come “le juif allemand”, e per questo fu espulso dal paese, Con il risultato che in centomila sfilarono a Parigi per lui, con cartelli che dicevano “nous sommes tous des juifs allemands”.

Come diceva, quell’antico augurio? ... “L’anno prossimo a Gerusalemme!”?

Bene, tutto questo è successo. Con un anno di anticipo.

Libri per approfondire

Cari fanatici

Di Amos Oz | Feltrinelli, 2020

Un' altra occupazione

Di Joshua Cohen | Codice, 2018

Venti di protesta. Resistere ai nemici della democrazia

Di Noam ChomskyDavid Barsamian | Ponte alle Grazie, 2018

Il signor Mani. Romanzo in cinque dialoghi

Di Abraham B. Yehoshua | Einaudi, 2018

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