Giovedì 19 gennaio 2023
Quello che noi sappiamo dell’”universo mafia” – i protagonisti, le vittime, i carabinieri, i giudici – lo dobbiamo principalmente al maestro elementare Leonardo Sciascia che, nel 1960, dalla minuscola Racalmuto, in provincia di Agrigento, mandò il manoscritto de Il giorno della civetta a Torino, casa editrice Einaudi, all’attenzione del Dottor Italo Calvino.
Calvino, già famoso, era l’editor della ditta. Fu entusiasta del libro: lo portò in libreria nel 1961, fu un successo, e divenne un film famoso nel 1968 con Franco Nero e Claudia Cardinale, regia di Damiano Damiani.
Anche il secondo romanzo, A ciascuno il suo suscitò l’entusiasmo di Calvino, che ormai era diventato un amico di penna di Sciascia.
E questa è la lettera che l’autore delle Città invisibili inviò alla lontana Racalmuto nel novembre 1965.
“Ho letto il tuo giallo che non è un giallo, con la passione con cui si leggono i gialli, e in più il divertimento di vedere come il giallo viene smontato, anzi come viene dimostrata l’impossibilità del romanzo giallo nell’ambiente siciliano. È insomma un ottimo Sciascia, che si affianca al Giorno della civetta e lo supera, perché c’è più ironia […] Questa Sicilia è la società meno misteriosa del mondo: ormai in Sicilia tutto è limpido, cristallino: le più tormentose passioni, i più oscuri interessi, psicologia, pettegolezzi, delitti, lucidezza, rassegnazione, non hanno più segreti, tutto è ormai classificato e catalogato […] Tanto che speriamo ardentemente che nulla cambi, che la Sicilia resti perfettamente uguale a se medesima, così potremo al termine della nostra vita dire che c’è almeno una cosa che abbiamo conosciuto a fondo!”.
Questa letterina di quasi sessant'anni fa – e il suo riferimento all’ironia, come principale ingrediente per affrontare la Sicilia – mi è venuta in mente ora che siamo invasi dalle immagini di Campobello di Mazara e di Castelvetrano, nuove e inaspettate città invisibili, eterni luoghi dove nessuno vede, nessuno sente, nessuno parla… che però Calvino e Sciascia avevano già raccontato.
Speriamo che i carabinieri, oggi, non rovinino questo patrimonio archeologico e letterario.
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