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The diary of Alicia Keys compie 20 anni

Nel 2003, due anni dopo l’exploit del pluripremiato disco d’esordio, Songs in A Minor (2001), Alicia Keys è riuscita a bissare il grande successo pubblicando The Diary of Alicia Keys, un disco in bilico tra R&B e neo-soul con influenze sia jazz sia hip hop. Sono passati vent'anni dall’uscita dell’album e oggi la cantautrice e pianista ha deciso di celebrare questo suo secondo disco pubblicandone un’edizione speciale (disponibile attualmente solo in versione digitale, ma chissà…) con l’aggiunta di nove brani tra cui alcuni registrati dal vivo proprio nel 2003, delle versioni alternative e dei remix di canzoni edite e, infine, anche un inedito, Golden Child.

L'artista statunitense ha iniziato a registrare questo secondo album ad appena ventuno anni, nel 2002, nella sua città natale, New York, per questo nei quindici brani originari si sente l'influenza dell'11 settembre e del clima di ostilità internazionale seguente agli attentati, sia esplicitamente in un paio di brani sia, in qualche modo, nella scelta di scrivere testi per lo più sentimentali (anche se è tipico dei suoi generi musicali di riferimento, R&B e soul) per stemperare la tensione.

Il singolo che ha anticipato l’uscita del disco, You Don't Know My Name, già svelava una caratteristica importante del disco, perché è costruito sul campionamento di Let Me Prove My Love to You, canzone d’amore del 1975 del trio soul The Main Ingredient. Musicalmente, infatti, varie canzoni dell’album si ispirano esplicitamente agli anni '60 e '70, come Heartburn o Feeling U, Feeling Me, la prima con un'atmosfera tesa che rievoca le colonne sonore dei film del filone "blaxploitation", la seconda con il suono del piano elettrico tipico di quei due decenni in cui una schiera impressionante di musicisti afroamericani godeva di un’ispirazione che ha segnato la storia.

Fra le aggiunte dell'edizione speciale del disco spicca il riarrangiamento reggae di You Don't Know My Name che, in questa veste, gira e suona davvero bene.
Così come si fa apprezzare Streets Of New York dal vivo, in origine presente come bonus track solo nelle edizioni inglesi e giapponesi con i featuring di due pesi massimi del rap, Nas e Rakim (che, in un verso, cita l’11 settembre…): anche senza le strofe dei rapper, resta il pezzo più hip hop del disco grazie alla produzione musicale di Dj Premier, altro nome storico del ritmo urbano nato nel Bronx cinquant’anni fa. E spicca anche perché i due brani dal vivo che lo seguono, If I Ain't Got You e Diary (con il cantautore Jermaine Paul), hanno tutt’altra atmosfera, sono molto intimi.

L’inedito, Golden Child, registrato nel 2003 insieme ad altri brani dell’album ma escluso dalla tracklist finale, in realtà era già stato pubblicato nel 2013 in una versione demo sull’archivio del sito ufficiale dell’artista che, da qualche, tempo è stato rimosso.
Il pezzo è animato da una chitarra che dà un tocco latino alla produzione musicale ma, insieme al remix house di Diary realizzato da Hani, va detto che sfigura un po’ rispetto alle altre canzoni.

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