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La fabbrica degli aneddoti

“Perché non ti sei girata?”

“Perché mi stava chiamando per cognome, con un tono per cui si sarà girato tutto l’aeroporto, perché ho messo su peso, un vestito zebrato troppo corto e preferisco essere una tamarra qualsiasi che l’ayanetamarrafuoriforma.  

E poi sono in giro con te, Insi, mi sembra scontato che la mia percezione di me stessa possa essere delle più favorevoli.”

“Sei veramente convinta che, nelle difficoltà che comporta partire a un’ora infame del mattino, tutto un aeroporto si fermi per guardare te?”

“No, tutti no. Qualcuno. Sicuramente quello là. Sai chi è quello? Quello è un FA, un Fabbrica-aneddoti: ne ha uno per qualsiasi esperienza della sua vita e affronta ogni esperienza della sua vita per crearne di nuovi”

Per l’effe-a, un famoso all’aeroporto è materiale prezioso da conservare, perché fornisce materiale in abbondanza per interminabili e dettagliatissimi racconti a tavola. Un aneddoto su “famoso all’aeroporto” è l’erede naturale delle diapositive negli anni Ottanta.

Ci sono le sfumature, i dettagli…  soprattutto ci sono le aspettative. Le aspettative sono succulente premesse da superare o da distruggere. Sono pregiudizi da smentire o confermare e trasformare in qualcosa di nuovo e personale.

“Forse non ti sei nemmeno accorta che il modo in cui dici ‘è una persona deliziosa’ riferito a qualcuno famoso più di te, non ti rende diversa da quei Fabbrica-aneddoti su cui hai tanto da dire”

“Ma io rispondo così se mi chiedono esplicitamente di qualcuno; rispondo così per evitare di parlarne perché i famosi - i miti, in realtà, più che i famosi - non dovrebbero parlare mai… o comunque dovrebbero farlo a modo loro e solo di quello che ritengono opportuno.
Chissà se qualcuno chiede di me a tavola… e, se succede, chissà come risponde chi mi ha incontrata una volta sola. Chissà cosa domanda chi non mi ha incontrata mai, chi è incuriosito da me Insi… Secondo te parlano di me come di una persona per bene? Una brava artista?”

“Mi sembra più una domanda per Sindi. Avrò pure delle responsabilità, ma quello che stai mettendo in discussione è il tuo merito o diritto di essere considerata un’artista”

Forse sono solo diventata vanitosa, cioè, più vanitosa del solito. Che ne pensi Sindi?”

“Penso che dovresti parlarne con Giudy: la tua preoccupazione riguarda la percezione che le persone hanno di te, ha poco a che vedere col merito o il valore effettivi. L’altra sera, a quella festa, giravi con un punto interrogativo dipinto sul viso”

“Forse ero solo molto in imbarazzo. Forse. Comunque, state come sempre complicando le cose e io, come sempre, continuo a essere una donna adulta che parla con i suoi mostri

Sensodicolpa se ne sta mansueto accanto a Pressione confermando, a modo suo, che ho fatto bene a non girarmi quando quel tizio gridava il mio cognome. La sua immobilità è per me un segno di grande approvazione.

Mi dico che nel peggiore dei casi, l’effe-a dell’aeroporto racconterà ai suoi amici che sono una stronza fuori forma e il suo aneddoto sarà comunque salvo. Sarebbe potuta andare peggio. O, semplicemente, non è così importante.

“Sai come si comportava Mina per evitare il peso degli occhi e delle chiacchiere altrui?”

“No Giudy, non lo so. Questa mi manca”

“Faceva quello che voleva. Dai su, andiamo a prendere il volo, che a Berlino sei più simpatica?”

“… dici davvero?”

“No. Tira giù quel vestito orrendo e muoviti, che ci lasciano a terra”

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