MaliDizioni

Vecchie conoscenze

Ho accettato e rimandato (e riaccettato e rimandato e accettato ancora) un invito a pranzo con una persona che conoscevo vent’anni fa.

Da allora ci siamo incrociati una volta all’aeroporto all’alba e una volta alla festa per i miei trent’anni nel locale in cui lavoravo quando, di anni, non ne avevo ancora venti.

In vent’anni, dieci minuti divisi in due incontri: da tre il primo e da sette il secondo.

In vent’anni, due brevi riepiloghi di due vite basati sul "come stai" più formale, ma in contesti diversi: di scarso sonno il primo, e di troppo alcol il secondo

Da leggere e rileggere:

Scrivendo sulla strada. Diari di viaggio e di letteratura

Di Lawrence Ferlinghetti | Il Saggiatore, 2017

Narciso e Boccadoro

Di Hermann Hesse | Mondadori, 2016

Quando eravamo giovani. Poesie. Testo inglese a fronte. Vol. 1

Di Charles Bukowski | Feltrinelli, 2015

Quando conosci qualcuno da molto giovane è interessante che, così come non ti preoccupi il fatto che potresti non incontrarlo mai più, non provi il minimo imbarazzo nell'incontrarlo dopo tanto tempo. Forse dipende dal fatto che difficilmente da adolescenti si è persone totalmente negative, mitomani. Da ragazzi, probabilmente, si posa come da grandi, ma sempre con l’innocenza di chi un giorno sarà qualcosa, ma per il momento è solo un concentrato di potenziale, ambizioni e, raramente, una certezza di carattere e personalità. E questo mette sicurezza.

Cosa fossi vent’anni fa non lo ricordo particolarmente bene. Quando mi sento benevola verso la nostalgia, guardo affettuosamente aspetti della persona che ricordo di essere stata, la stessa che, in altri momenti, disprezzo e giudico severamente.

Ci sono scatole piene di ricordi di quel tempo sepolte in cantine che non ho più visitato.

Cassette con lunghissimi monologhi interiori abbandonate in garage e che spero siano state bruciate perché scambiate per qualcosa di sporco, tossico, inappropriato e meritatamente dimenticato. Quello che volevo portare con me nei ricordi, nelle poche fotografie conservate, è tutt’ora a portata di mano o di pensiero.

Da vedere e rivedere:

Solo gli amanti sopravvivono

Sullo sfondo della romantica desolazione di Detroit e Tangeri, un musicista underground, profondamente depresso dal corso delle vicende umane, si ricongiunge con la sua forte ed enigmatica amante. La loro storia d'amore dura ormai da almeno alcuni secoli, ma il loro disinibito idillio viene presto disturbato dalla selvaggia e incontrollabile sorella minore di lei.

So per certo dove sono finiti i miei dischi di Tom Waits e a chi non ho restituito quello di Buju Banton. Ho visto, qualche settimana fa, chi fingeva di non riconoscermi quando si era impossessato delle bio delle mie rockstar preferite e sofferto nel vedere invecchiare male la persona che mi ha fatto ascoltare "The Secret Life of Plants" per la prima volta.

Oggi sorrido mettendo sul tavolo, insieme a una tartare di manzo, la mia personale morale di quasi quarantenne a confronto con quella di una persona che, nonostante la stessa scelta gastronomica, ha una visione completamente diversa.

O meglio, dei passi fino qui, completamente diversi.

Come fossimo due granchi che si muovono in direzioni opposte, come le chaise longue dei divani.

Come se vivessimo in diversi emisferi.

Ne risulta che x ha bisogno di schemi precisi e io di contorni frastagliati, o possibilmente compromessi, per poter essere scavalcati. Secondo x.

Secondo me, x ha deciso che da adulti tutto è definitivo.

Il passato serve a sognare e ricordare di aver sognato quello che si è costruito. A mettere le cose nelle scatole e, quelle scatole, portarle ovunque si andrà per poterci guardare dentro ogni tanto e trovare la felicità irresponsabile. A essersi sognati Boccadoro pur sapendosi Narciso, vent’anni prima.

Eppure mi sono alzata da tavola perché, molto responsabilmente, dovevo andare a un impegno di lavoro importante, altro che schemi scontornati. Ho pensato per il resto del pomeriggio a come rivendicare il mio muovermi elegantemente attraverso i paletti, al mio fastidio per il cliché dell’artista.

Poi sento Insi blaterare qualcosa sul fatto che solo una persona con poche certezze guarda con dispetto quelle di chi riconosce tanto serenamente i propri contorni.

E allora ho sistemato il trucco e non sono tornata a casa fino a sera. Il giorno dopo ho preso un volo per il Marocco e ho cercato nella medina di Tangeri qualcosa che, come una scatola, conservasse un po’ di quello che sono stata e che mi porto dietro quando mi chiedo chi io sia, dopo vent’anni.

Ho trovato l’orizzonte su due mari. Ed era di nuovo lunedì. Di nuovo ero in ritardo di un giorno sulle scadenze metodiche che mi ero promessa di onorare e rispettare. E x mi ha scritto sapendo esattamente come attirare la mia attenzione. Come chi sa di parlare a Boccadoro che da tutta la vita cerca di essere Narciso.

Da ascoltare:

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Di Lorenzo Mattotti | Logos, 2010

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