Il libro riporta la questione del ruolo degli intellettuali sui binari giusti.
Per conseguire questo obiettivo Pellini e Giglioli si assegnano due ruoli distinti e complementari.
Pellini affronta la questione di chi sia, perché scriva e che cosa veramente dica Émile Zola con i suoi molti interventi su Dreyfus.
Fra questi, il curatore ne riporta due con il testo originale a fronte, perché il primo obiettivo di questa edizione è infrangere il luogo comune secondo il quale il significato dell’operazione pubblica promossa da Zola è assolutamente chiaro e non presenta, a più di un secolo di distanza dai fatti, punti oscuri.
La curatela di Pellini rende tanto più necessaria questa ripubblicazione anche in conseguenza della rappresentazione che della vicenda Dreyfus emerge da L'ufficiale e la spia, il film sull’Affaire Dreyfus di Roman Polanski che nel 2019 ha vinto il Gran premio della giuria al 76° Festival del cinema di Venezia ma che di quella vicenda restituisce una visione forse troppo manierata.
È il 13 gennaio 1898 quando Émile Zola, il più importante scrittore di Francia, pubblica su L'Aurore un articolo di fuoco in difesa di Alfred Dreyfus e contro i vertici dell'esercito francese, nel quale denuncia l'antisemitismo e gli insabbiamenti che hanno portato all'ingiusta condanna per tradimento dell'ufficiale. Quell'invettiva – il cui titolo «J'Accuse...!» sarebbe rimasto nella storia della lingua – condurrà infine alla scarcerazione e riabilitazione di Dreyfus e si rivelerà uno dei massimi momenti di rottura del confine tra il mondo della letteratura e la società: la manifestazione del potere della parola scritta di influire sull'opinione pubblica e sul destino di un paese.
Pellini dunque sottolinea in quale momento della vita (pubblica e privata) di Zola si inserisca la sua lettera aperta.
Ovvero:
Daniele Giglioli, nel saggio che arricchisce il volume, con linguaggio secco e sferzante va dritto alla questione degli intellettuali oggi.
Qual è oggi la funzione dell’intellettuale? Denunciare i soprusi in maniera scandalizzata? Oppure scardinare le «zone di comfort»?
Giglioli insiste su questa seconda ipotesi.
Far saltare per aria le «zone di comfort» significa certo smontare le comfort zone del potere (cioè garantite o protette dal potere), ma anche mettere in discussione le posizioni sostenute da coloro che si presentano come difensori dei diritti, senza però incidere sul senso comune. Prima conseguenza dell’agire di questa seconda categoria - solo apparentemente categoria di opposizione - è per così dire la «conferma di un galateo».
Dunque, è intellettuale chi non fa sconti neppure a quelli che decide di difendere, perché è il costume pubblico (culturale, mentale, sociale…) che deve mutare nel suo complesso. Rispetto a quello, nessuno è innocente.
E compito dell’intellettuale è non blandire nessuno.
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