Passato di letture

Nel labirinto delle vite degli altri

Illustrazione digitale di Nicolò Etiopia, 2022, studente del Triennio in Graphic Design e Art Direction, NABA, Nuova Accademia di Belle Arti

Illustrazione digitale di Nicolò Etiopia, 2022, studente del Triennio in Graphic Design e Art Direction, NABA, Nuova Accademia di Belle Arti

Dopo la caduta del Muro di Berlino e la fine del regime comunista in Germania Est, la Stasi, il famigerato servizio segreto che per quarant’anni aveva tenuto sotto controllo la popolazione in un clima irrespirabile di paranoia, paura e arbitrio, tentò di avviare la distruzione del suo mastodontico archivio (111 chilometri lineari!), ma lo slancio coraggioso di un gran numero di cittadini e organizzazioni figlie della dissidenza democratica riuscì a impedirlo, occupando fisicamente gli spazi dell’ex palazzo della Stasi e impegnandosi poi in una ricostruzione certosina dei 15.000 sacchi di documentazione che erano già riusciti a fare a pezzi. In seguito a un vivace dibattito, nel 1991 si decise di garantire a chiunque fosse stato spiato la possibilità di consultare il proprio fascicolo. Sul timore che la scoperta dei nomi degli agenti, e soprattutto dei delatori, potesse alimentare una spirale di vendette e ritorsioni, prevalse il principio del right to know, il diritto di sapere, come caposaldo della democrazia: un grande atto pubblico di fiducia nel potere risanatore del riconoscimento della verità dei fatti.

Labirinto Stasi. Vite prigioniere negli archivi della Germania Est

Dopo la caduta del Muro, gli archivi della Stasi si aprirono ai cittadini della ex Ddr che erano stati spiati per quarant'anni. Questa è la storia di tre fra loro, che per primi lessero la sceneggiatura della propria vita osservata con gli occhi terribili del regime.

Gianluca Falanga, brillante ricercatore italiano che da anni lavora a Berlino proprio presso quell’archivio, già autore di svariati saggi, ha lungamente dialogato con tre dei moltissimi cittadini della ex DDR che hanno deciso di valersi di questo diritto – per quanto doloroso potesse essere scoprire chi li aveva traditi, denunciandoli o dando informazioni: Baldur, tipografo, denunciato e imprigionato a 19 anni per aver letto 1984 di Orwell; Gilbert, arrestato – proprio nel 1984 - per un opuscolo diffuso tra gli amici sul movimento punk a Berlino Est; Andreas, catturato, ventenne, nel 1986, mentre cercava di fuggire a Ovest, cui tocca affrontare una verità particolarmente dolorosa. Attraverso la loro testimonianza e i pezzi delle loro vite registrati dalla Stasi, col passo del narratore e l’accuratezza dello storico, Falanga ci guida nel labirinto del sistema di sorveglianza totalitario e ci fa incontrare la Storia nell’intrecciarsi di queste storie, attraverso cui ne scopriamo una miriade di altre, da Hilde Benjamin, la “ghigliottina rossa” principale artefice dell’organizzazione di un sistema giudiziario-farsa nel suo totale asservimento al potere, a Vera Lengsfeld, figlia di un funzionario della Stasi, con la sua graduale presa di coscienza. Tra gli aspetti più originali e insieme strazianti del libro, l’immersione negli effetti atroci sulle relazioni umane dei dilemmi posti dal regime e il racconto dei peculiari effetti post-traumatici di lungo periodo del sistema di controllo totalitario, che – tra silenzi, vergogna, sensi di colpa e rimozioni – allungano la propria ombra anche sulle seconde generazioni, come nel caso dei discendenti dei sopravvissuti alla shoah.

L’abbinamento per bongustai: oltre a rivedere il film Premio Oscar Le vite degli altri per apprezzarne l’accuratezza storica, per capire meglio la natura e l’impatto delle tecniche di coercizione – psicologica prima che materiale - del regime, leggete il saggio della psichiatra Marie-France Hirigoyen, Molestie morali. La violenza perversa nella famiglia e nel lavoro (Einaudi 2015) sui meccanismi perversi nelle relazioni e nelle strutture sociali.

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