Ogni famiglia ha le sue.
Le sue ritualità, le sue conoscenze, le sue espressioni.
Crescendo ci si allontana ma poi basta un attimo per ritrovarsi, per sentirsi padri, madri, figli e fratelli che condividono un comune passato. Lessico famigliare di Natalia Ginzburg (Einaudi) parla di questo: è la storia della famiglia Levi raccontata attraverso il suo lessico, le frasi e i modi di dire preferiti da Giuseppe e Lidia, i genitori, e dai fratelli di Natalia, Paola, Gino, Mario e Alberto.
Lessico famigliare è il libro di Natalia Ginzburg che ha avuto maggiori e piú duraturi riflessi nella critica e nei lettori. La chiave di questo straordinario romanzo è delineata già nel titolo. Famigliare, perché racconta la la storia di una famiglia ebraica e antifascista, i Levi, a Torino tra gli anni Trenta e i Cinquanta del Novecento.
Il romanzo è diventato nel tempo uno dei più importanti del Novecento italiano, sicuramente il più noto tra quelli dell’autrice e un libro significativo per molti lettori, tra cui Michele Serra. Abbiamo incontrato il giornalista di Repubblica per un’intervista su Gli Sdraiati (Feltrinelli), in occasione del decimo compleanno festeggiato dal libro, e quando gli abbiamo chiesto di indicarci un’opera che per lui ha fatto la differenza, Michele Serra ha scelto Lessico famigliare.
La storia si svolge tra gli anni ‘20 e gli anni ’50, intrecciando inevitabilmente il piano personale con quello storico-politico del fascismo e della Seconda Guerra Mondiale. La Ginzburg ripercorre anche gli eventi più tragici della sua famiglia, dalla lotta antifascista, che è valsa il carcere per il padre Giuseppe e i fratelli di Natalia, fino al confino obbligato e la morte del marito Leone Ginzburg, ucciso nel 1944 nel carcere di Regina Coeli.
Nonostante la crudezza di certi episodi, però, la semplicità del linguaggio e la lucidità del racconto di Lessico famigliare lo rendono un libro che può essere letto anche da piccoli, come è accaduto per Michele Serra e per molti di noi. Rileggerlo adesso lascia un certo tepore addosso: ti rivedi circondato da una coperta, immerso nella lettura, mentre in sottofondo le voci dei genitori si ripetono monotone. Sarà il freddo torinese, sarà la bravura o il lavoro di fino di Natalia Ginzburg, ma questo romanzo, nel tono, nei gesti, nella dimensione, descrive molte altre famiglie e molte altre vite.
Mio nonno, che era un letterato, me lo mise in mano che avevo 11-12 anni, sostenendo che avrei potuto benissimo leggerlo. Aveva ragione perché la limpidezza e la semplicità di scrittura della Ginzburg è inimitabile. Più tardi ho scoperto che questa semplicità straordinaria, tant’è vero che poteva leggerla anche un ragazzino di 12 anni, era anche frutto di un accurato lavoro letterario.
Michele Serra
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