Si può parlare di confini in molti modi. Crawford punta l’attenzione non sulle emozioni di chi li attraversa o di chi sta una delle due parti, ma sulle pratiche che testimoniano come le persone percepiscono una linea che vuol presentarsi come fissa, ma che in realtà è perennemente in movimento. Crawford fornisce molti esempi. Un esempio riguarda la linea del deserto: è Il capitolo chiude il libro e da solo vale tutto il libro.
Ci sono confini scomparsi che ancora fanno sentire la loro presenza e c'è uno strano confine che si muove in continuazione, in alta montagna, tra Italia e Austria, sul quale 5000 anni fa venne assassinato un uomo che non sapeva di attraversare alcuna linea. E soprattutto ci sono persone che si muovono, vite, speranze che si infrangono sempre di più contro queste barriere che ci ostiniamo a conservare.
«Confine» non è una linea. È molto di più: esprime un comportamento che decide da sempre chi vince e chi perde. Indica chi detta le regole e di chi le subisce. Esemplare la storia del confine tra Stati Uniti e Messico.
Nella storia della diffusione del web è tornata vera la filosofia politica del muro. Il web non è una dimensione senza frontiere, James Crawford ci fa capire che un muro, anche in quel caso, esiste. Nella costruzione del sistema informatico cinese che intendeva contrapporsi al dominio di Silicon Valley, è rientrato dalla finestra ciò che a parole dicevamo di aver espulso dalla porta: la linea di frontiera come barriera, forte soprattutto in prossimità dei confini, che si muovono nel tempo.
Il confine infatti, nel momento in cui si presenta come tutela e come salvaguardia dell’identità di chi sta al di qua di quella linea, in realtà ha lo scopo di segnare e, possibilmente, di dominare l’identità di chi sta al di là, che non è suo cittadino, ma che guarda e classifica come suo suddito. Ovvero di segnarne il destino e decidere del suo futuro.
La linea non segna un punto da non valicare se non per una sola parte, cioè quelli dell’altra parte. Di qua serve a indicare e stabilire una possibilità di espansione.
Non è che un esempio tra i tanti che Crawford propone. Due sono illuminanti.
Il primo riguarda l’identità incerta dei lapponi, su cui si trattiene a lungo discorrendo intorno a un confine che a noi appare privo di storia e di mire distruttive (quello tra Norvegia e Svezia). Un confine di 2800 km per noi insignificante, ma he per i lapponi vuol dire la morte.
Il secondo è il muro che attraversa la Cisgiordania. Una storia che conferma la sconsolatezza di Amos Oz: il muro come ideologia del confine, il cui culto è la metafora più evidente «dell’ipnosi della carta geografica»
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