Il libro di Arturo Marzano riesce a essere due cose.
Da una parte una ricostruzione critica di tre diversi scenari – il conflitto israelo-palestinese, la natura e la fisionomia del conflitto interno al Libano e il confronto tra Arabia saudita e Iran – che ci obbliga a prendere in considerazione una quantità considerevole di elementi di varia natura (politica, culturale, sociale) con lo scopo di rimettere in discussione molti luoghi comuni.
Dall’altra la dimostrazione che quei diversi conflitti non hanno nella religione né il loro nucleo generativo, né la loro spiegazione.
Quanto conta la religione nei conflitti che si sono consumati e che tuttora sono in atto nel Medio Oriente? E quanto, invece, sono importanti interessi economici, sociali e privati che provengono dall'esterno? In contrasto con la lettura che ne fa uno scontro di civiltà, un saggio lucido sui motivi reali della guerra.
Il primo obiettivo dunque è la scomposizione della lente di lettura dominante da almeno un ventennio (ma con radici già nella seconda metà del ’900) per cui quei conflitti, proprio perché fondati sul confronto religioso, sono 1) irresolubili, e dunque privi di un qualsiasi terreno possibile di mediazione (che implica, invece, una rinuncia da parte di ciascun contendente); 2) uno scontro tra mondo moderno (in gran parte sintetizzato nell’«Occidente») e un mondo «fermo» (in gran parte rappresentato dal mondo arabo e islamico).
Presentare i conflitti in quelle aree come il risultato di un lungo confronto di interessi di classi sociali, funzioni pubbliche, convinzioni culturali – che spesso mettono insieme attori religiosi diversi e ai nostri occhi spesso opposti e irreconciliabili, come invece è avvenuto – significa sia superare la dicotomia con cui noi, qui, guardiamo loro, lì, sia dimostrare l’infondatezza dell’immagine che quelli siano nati come «conflitti di civiltà», come invece ci hanno proposto Samuel Huntington prima e Oriana Fallaci poi.
Dunque studiare il Medio Oriente, e capire quindi come si possono percorrere strade che conducano verso la soluzione a conflitti che sono diventati di civiltà, significa riprendere confidenza e familiarità con storie di conflitti sociali locali alla cui base stanno interessi complessi e diversi.
Non solo. Questa è l’altra pista che ci suggerisce Marzano: guardare alla presenza e alle scelte che le potenze coloniali (soprattutto Francia e Gran Bretagna) hanno compiuto dalla fine dell’Ottocento e alle politiche verso quelle aree successive alla crisi dello shock petrolifero (era il 17 ottobre 1973) prodotte dai molti attori (Russia e Cina incluse), per trovare risposte non semplici, ma esaustive.
In altre parole: la necessità di tornare a studiare il Medio Oriente con nuove categorie e dismettere la propaganda.
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