Passato di letture

Un discorso sull'autogoverno possibile

Libro per scettici che abbiamo voglia di pensare, Discorso sull’autogoverno rovescia il luogo comune e pone domande imbarazzanti, prima di tutto a quelli della propria parte. Matthew Wilson, anarchico convinto, lo enuncia fin dalle prime pagine.

Discorso sull'autogoverno
Discorso sull'autogoverno Di Matthew Wilson;

Fuori da ogni retorica, questo libro si interroga concretamente su come si possano prendere decisioni in una società non organizzata sul paradigma statuale. E lo fa smentendo la vulgata prevalente, secondo la quale un simile tipo di società implicherebbe una libertà «assoluta».

Durante una manifestazione a favore di un’economia condivisa, improvvisamente, i partecipanti bloccano la vita ordinaria di un piccolo paese. Contro di loro si para con la sua bicicletta un uomo che gli impedisce di riprendere a marciare, protestando perché la sua libertà di movimento è stata a sua volta limitata dalla volontà dei manifestanti. Scrive Wilson che quell’uomo aveva ragione.

La libertà per gli anarchici, scrive più avanti, è un terreno poroso e comunque problematico, né più né meno che per tutte quelle ideologie cui l’anarchismo si contrappone.

A partire da quest’episodio Wilson invita a riflettere sulla possibilità di organizzare una società senza lo Stato, ma – qui sta una delle sorprese di questo libro – senza fare perno sull’assoluta libertà, come sarebbe pacifico attendersi da un autore di dichiarata fede anarchica.

Al contrario.

Come appunto suggerisce il titolo originale inglese Rules Without Rulers. The Possibilities and Limits of Anarchism (nella versione italiana, invece, questo doppio registro è più sfumato), il problema della possibilità di creare nuove e maggiori offerte di organizzazione sociale, rispetto al modello del capitalismo di Stato, avviene ponendo anche dei limiti alla libertà.

Come si risponde allo stupro? Se la risposta è negazione della libertà altrui, si chiede Wilson, che cosa differenzia l’anarchismo dal liberalismo?

E poi insiste: una comunità forte senza lo Stato, per rendere applicabile i principi di bene in cui crede, è meno o più oppressiva di una società con lo Stato?

Tutti i disastri del ’900, afferma Wilson, sono stati originati da un’ideologia politica che si fondava su principi etici e che, al fine di vederli trionfanti per costruire la sua immagine di «società giusta» – (dal comunismo, ai fascismi, per non escludere tutti i radicalismi religiosi) –, ha prodotto totalitarismi. Salvo poi chiedersi: l’anarchismo ne è escluso?

Per sottrarsi a questo esito occorre rivisitare profondamente il proprio credo. Wilson lo dice prima di tutto ai suoi. I primi destinatari dei suoi punti interrogativi.

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