Arrivi e partenze

Enzo Bianchi e la domanda finale

Al di là della linea d'ombra, ciascuno cerca la sua luce. 
Finché siamo in vita, la morte è una domanda. Anzi, è la domanda definitiva, quella che non tollera risposte approssimative ma nemmeno consente certezze
Normale, dunque, che chi si interroga sul senso della vita sia attratto (e atterrito, a volte) da quel che ci attende "al di là". Locuzione che fa quasi tenerezza, nel suo associare a un tempo ignoto le coordinate cartesiane di un luogo. Un luogo che si trovi appena al di là della porta, o un passo oltre quella linea d'ombra sui cui arte e filosofia si interrogano da sempre, con esiti che la scienza non può invece sperare di attingere. 

Cosa c'è di là. Inno alla vita

Un libro appassionato, carico di fiducia, in cui la morte si apre alla vita.

Eh sì, perché il paradigma positivista che struttura i nostri giorni non si spinge quasi mai, oltre la linea. 
E allora bisogna parlare con uomini e donne che la domanda se la siano posta da posizioni poco "ortodosse", guardando alle possibili risposte con apertura. 
Ma soprattutto, sapendo che risposte definitive e valide per tutti non arriveranno, e accettando quel mistero come qualcosa che aiuti a riempire i giorni di vita, piuttosto che a riempire la vita di giorni.
È questa una delle intuizioni più belle - in un'epoca di rimozione della morte e di infinita procrastinazione della vita come fenomeno biologico fine a sé stesso - cui perviene Enzo Bianchi. 
E nel libro di cui abbiamo parlato con lui, il bellissimo Cosa c'è di là. Inno alla vita (pubblicato dalle edizioni Il Mulino) di spunti per riempire i giorni di vita ce ne sono davvero tanti. 

Già "di qui", nella nostra vita, ci sono elementi di eternità. Non sono solo nell'aldilà. Ciò che non è ancora c'è anche già, adesso.

Enzo Bianchi

Non è ad un'eternità astratta che bisogna guardare, ci spiega Bianchi.
Bisogna capire quanto dell'eterno sia già qui, ora, fra noi che viviamo la nostra vita di ogni giorno. 
È un bell'insegnamento, quello del monaco che fu priore della Comunità di Bose, un pensiero inaudito, che sovverte la nostra idea della morte, per riconciliarci infine con ciò di cui abbiamo davvero paura: la vita.

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