È il primo film in cui parlo un po' di me, delle mie ansie, dei dubbi e delle mie paure, arrivato a quest'età
Una videointervista realizzata in collaborazione con MyMovies.
Quella contemporanea è un'epoca nella quale - diciamolo - non è consentito pensarsi vecchi.
Anzi, non è consentito pensare alla vecchiaia, in qualsiasi forma essa si esprima.
Stagione del raccolto, della maturità, della riflessione, dei bilanci, c'è chi sostiene che la vecchiaia (assieme al suo doppio negativo, la giovinezza) sia una condizione dello spirito, prima che un dato anagrafico.
Ma per la nostra senescente società, la vecchiaia è uno specchio intollerabile nel quale guardarsi. E allora dobbiamo affidarci agli artisti, perché della vecchiaia sappiano dirci almeno uno scampolo di verità.
Il ritorno di Casanova è il nuovo film di Gabriele Salvatores.
Il film di cui parliamo in una intervista in profondità con l'amatissimo regista della trilogia dell'amicizia (Marrakech Express, Turné e Mediterraneo, grazie al quale Salvatores ha vinto l'Oscar per il Miglior film in lingua straniera nel 1992) è un pezzo di grande bravura registica e attoriale.
La storia narrata nel film, grossomodo, è la seguente:
Leo Bernardi è un regista affermato che sta attraversando una profonda crisi personale.
Bernardi sta lavorando al film che di lì a poco verrà presentato al Festival di Venezia: un film ispirato al Casanova di Arthur Schnitzler, personaggio rispetto al quale il regista prova una forte immedesimazione.
Quello messo su carta da Schnitzler è però un Casanova sulla china discendente, un seduttore e avventuriero che fa i conti con un fatale declino: il suo fascino proverbiale svanisce, è in bancarotta e ha perso la voglia di avventura. Giacomo Casanova, che della giovinezza propria e di quella altrui si è sempre nutrito, a cinquantaquattro anni decide che è ora di tornare a casa, in quella Venezia che - spera - lo accoglierà per permettergli di passare la sua age d'or in modo tranquillo.
Nel suo viaggio verso casa, il seduttore inciampa in una ragazza, Marcolina, che con la sua vitalità riaccenderà in lui una bramosia di conquista sopita da anni. Ma il suo desiderio feroce e le strategie attuate per concupire Mariolina, lo faranno capitolare di fronte alla più amara fra le verità: Casanova è diventato vecchio.
Ecco perché Leo Bernardi ha deciso di raccontare questa storia proprio ora, in un momento della sua vita nel quale la fine della storia vissuta con Silvia, giovane contadina, lo mette di fronte allo sfumare di quella che percepisce essere forse l'ultima occasione d'amore.
Le inquietudini e i dubbi nutriti dai due, insomma, attingono alla stessa radice, e rimandano nel loro sovrapporsi a un altro titolo schnitzleriano, Doppio sogno.
Il cinema restituisce sullo schermo il sogno di Bernardi in bianco e nero, con un nitore fotografico reso ancor più efficace dal colore che, per contrasto, tinge l'avventura di Casanova.
Ma non è uno stratagemma retorico, quanto un binario parallelo che Salvatores percorre per poter rendere giustizia alla sua verità sul modo in cui vita e arte si danno la mano, a volte sfumando l'una nell'altra.
Il ritorno di Casanova è un raffinato gioco di scatole cinesi che ci permette di decidere quale scatola aprire per ultima, così da scegliere in quale verità rispecchiarci.
In filigrana, risuonano domande che sono amplificate dal doppio registro sul quale viaggia il film: siamo condannati a continuare a recitare il personaggio che ci siamo costruiti attorno e nel quale siamo confinati come in una corazza? Oppure esiste la possibilità di far entrare la vita in noi attraverso finestre che abbiamo sempre tenute chiuse?
Mentre Bernardi e i suoi stanno sotto i fuochi d'artificio che rischiarano la notte veneziana, in attesa di un premio che - lo capiamo chiaramente, a questo punto - non è solo una statuina, guardiamo i riflessi di quello spettacolo pirotecnico sulle seriche, scure acque della laguna. E ci vien da pensare che in fondo vita e arte sono due facce della stessa medaglia, come vecchiaia e giovinezza.
Riflessi sull'acqua. Chissà che Salvatores, assieme al suo Leo Bernardi e ad Arthur Schnitzler non finiscano per trovare la via verso Venezia.
Un eterno ritorno, in compagnia di Casanova.
Che cinema, maestro!
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