Chi allora non c'era non può neanche immaginare cosa sia stata l'attenzione dei media per i primi tre anni. Non c'era notiziario, telegiornale o prima pagina che non aprissero con il tema delle indagini di Mani pulite.
17 febbraio 1992 - 17 febbraio 2022.
Trent’anni dopo, cosa rimane di Mani pulite?
A bocce ferme, qual è il bilancio di una stagione che ha sconvolto assetti ed equilibri della politica di un intero Paese, ponendo le premesse per un rinnovamento che forse è rimasto solo un sogno?
Ma soprattutto, le bocce sono davvero ferme, trent'anni dopo?
È possibile pensare di poter riflettere in modo storicamente attendibile e - per così dire - “definitivo” su una vicenda che ha segnato in modo tanto profondo la rappresentatività della sfera politica presso la società civile?
O non è piuttosto vero che l’atrofia politica nella quale il Paese ristagna da anni è anche il frutto avvelenato di una rinascita che non ha mai davvero avuto luogo?
Certo, uno dei fraintendimenti più diffusi, riguardo all’eredità lasciata dalle iniziative che furono portate avanti da un pool coraggioso a partire da quel febbraio 1992 è proprio quello secondo il quale a un’azione giudiziaria tanto estesa e radicale avrebbe dovuto far seguito automaticamente una presa di coscienza da parte della società civile, per poi tradursi in modo altrettanto automatico in un rinnovamento della classe politica.
Non è andata così, questo almeno possiamo dirlo con certezza: e se è ingeneroso citare l'adagio gattopardesco ("perché tutto rimanga com'è, bisogna che tutto cambi") ogni qualvolta che si parla di Tangentopoli, è però vero che molti treni che da quell'occasione avrebbero potuto prendere le mosse, sono rimasti fermi alla banchina. Nondimeno, sopravvalutare l'importanza di Mani pulit è impossibile.
Gherardo Colombo, fra i protagonisti indiscussi di quella stagione, ci racconta come andarono le cose.
Ma non si limita a mettere in fila i fatti: nella sua riflessione, Colombo offre le sue considerazioni illuminanti sull'unico argine che ancora oggi è possibile opporre al malcostume politico, in tutte le perniciose varianti in cui si può esprimere: l'educazione alle regole.
Educare i bambini e i ragazzi - ciò che Colombo fa da anni anche attraverso un'intensa attività pubblicistica ed editoriale - a riconoscere il valore di tutti quei principi che furono alla base della stagione di Mani pulite significa non tradire quell'eredità, e farla risplendere del suo insegnamento condiviso.
"Sono arrivato alla conclusione che perché le regole siano rispettate è necessario che siano condivise", dice Gherardo Colombo, prima di concludere con un appello pedagogico di portata universale, "Educare alle regole significa mettere prima le persone, ogni persona, ciascuno di noi, come sancito dall'articolo 3 della Costituzione".
Ecco cosa resta nel setaccio, trent'anni dopo Mani pulite.
Un inscalfibile principio di responsabilità di cui ciascuno di noi deve farsi carico, nell'interesse del bene comune e mettendo le persone al centro di tutto.
Nota della redazione: per una ulteriore riflessione sul tema, vi invitiamo a leggere l'articolo di Enrico Deaglio su Mani pulite e Tangentopoli.
"Il grande inquisitore", Dostoevskij e la sua riflessione sulla giustizia
In questo episodio dalla dignità autonoma tratto da "I fratelli Karamazov", Dostoevskij afferma il proprio pensiero filosofico-religioso: la libertà dell'essere umano si basa su una fede senza dogmi e miracoli, senza gerarchie e autorità, contrapposta alla dottrina che in nome di un mandato superiore e indiscutibile sottrae agli uomini la consapevolezza di sé e il libero arbitrio. Sulla straordinaria attualità di questa riflessione si incentra il saggio di Gherardo Colombo: la massima sofferenza dell'uomo sta infatti in questa contraddizione, vivere diviso tra il desiderio di una tutela che lo sollevi dal tormento del decidere e l'aspirazione alla libertà individuale.
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