Diario di bordo

La guerra prossima e quella appena finita

Giovedì 3 febbraio

La prima sta per arrivare (a meno di un accordo in extremis) in Ucraina; la seconda sembrava finita il 15 agosto in Afghanistan, ma i suoi effetti sono appena cominciati.

La prima clessidra macina sabbia sotto gli occhi dei satelliti e dei droni: la Russia ha già ammassato più di 130.000 soldati ai confini con l’Ucraina.
Le immagini, estremamente nitide e dettagliate sono pubblicate oggi sul New York Times. Colonne di camion nella neve, accampamenti e trincee preparate, le prove di addestramento dell’artiglieria; tutto appare un’allerta generale nella Crimea russificata; a nord, al confine con la Bielorussia, sono stati posizionati missili a corto raggio; correggendo le posizioni di una settimana fa, il presidente americano Biden ha autorizzato lo spiegamento di tremila soldati ai confini della Polonia e della Romania. Gli inviati dei giornali e delle televisioni in Ucraina testimoniano diversi stati d’animo della popolazione ucraina: dal fatalismo, alla disperazione, alla promessa di resistenza civile. Ci sono, poi da una settimana, voci di un possibile colpo di stato a Kiev.

Così si presenta la guerra prossima, sperando che possa essere ancora evitata, o perlomeno rimandata.

La guerra finita sei mesi fa (dopo vent’anni) è quella in Afghanistan, che prende giorno dopo giorno le sembianze della stranezza di un passato remoto.
Ma a ricordarci che purtroppo le guerre hanno sempre un futuro sono i dati, riportati con grande evidenza, di nuovo sul New York Times, sotto il titolo: “Un milione di profughi in fuga”. Nel paese governato dai talebani, metà della popolazione è a rischio di morire di fame, e di non superare l’inverno. Per questo chi ha le forze cerca di fuggire verso il Pakistan o verso l’Iran.
Sono marce della disperazione, con qualsiasi mezzo disponibile, in mezzo al gelo. Verso l’Iran (la città santa di Mashad è il centro più vicino) gli osservatori calcolano un afflusso di 5.000 rifugiati al giorno. Ma tutti prevedono che con il miglioramento del clima queste cifre siano destinate a crescere esponenzialmente, e che questo “diluvio” sia pronto ad abbattersi sull’Europa, come era successo alcuni anni fa con un milione e mezzo di profughi siriani.

A quel punto, ci ricorderemo che l’Afghanistan esisteva davvero; nel frattempo ci saremo già dimenticati l’Ucraina, come già abbiamo dimenticato la Bielorussia e il Kazakistan.  

 

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