Diario di bordo

Maroc'n'roll

Lunedì 12 dicembre

A Torino, tanto tempo fa, quando in Italia gli immigrati non c’erano, i meridionali che erano saliti per lavorare alla Fiat venivano chiamati con vari nomi, per esempio “maruchin”, e non si facevano vedere troppo in giro. Ma una notte d’estate del 1970 vennero tutti fuori, inaspettati e felici, invadendo le belle strade del centro con bandiere e bidoni, clacson e motorini, camion ricolmi si presero la città battendo sui bidoni e sventolando la bandiera italiana. Cos'era successo? Che nel lontano Messico la piccola Italia aveva battuto la potente Germania nel famoso quattro a tre e i “maruchin” di Torino pensavano ai loro cugini che lavoravano alle catene di montaggio in Germania, che per la prima volta sarebbero entrati in fabbrica a testa alta.
“Se perdevamo erano pronti a farci la gogna: farci camminare sugli spaghetti crudi e ridere di noi”.

Mi è venuta in mente questa scena quando ho visto sfilare folle di marocchini - veri - cantando per corso Buenos Aires a Milano, per corso Giulio Cesare a Torino, e poi a Brescia, a Verona, dopo le vittorie contro la Spagna e contro il Portogallo. E a Parigi erano ventimila ad occupare i Campi Elisi, pregustando la grande notte di mercoledi prossimo, quando il piccolo paese africano si batterà alla pari con i campioni del mondo, e antichi colonizzatori, alla presenza in tribuna del supertifoso Emmanuel Macron.

Il Marocco da cui partirono le feroci truppe di Francisco Franco per distruggere la Repubblica Spagnola; il Marocco di Casablanca, il film profetico che venne proiettato in America nel gennaio 1943, al culmine della potenza di Hitler; il Marocco de La Ciociara, dal romanzo di Alberto Moravia (1957) che racconta degli stupri di massa compiuti dai “goumier”, i soldati marocchini a seguito dell’esercito francese che risalivano la penisola e ai quali venne dato, dai vertici dell’esercito, il “diritto di stupro e di bottino”, per vendetta contro l’Italia di Mussolini che aveva pugnalato alla schiena la Francia nel 1940. Nel linguaggio popolare, le vittime vennero chiamate, con termine quasi ufficiale, “le marocchinate”; Vittorio De Sica ne fece un grande film, Sofia Loren prese l’Oscar nel 1962, quando il Marocco era indipendente da appena sei anni. Era il 1956, l’anno in cui Hitchcock girò a Marrakech L'uomo che sapeva troppo, una fantastica storia di spionaggio internazionale che aveva origine in un paese sconosciuto.

E poi, lentamente, il Marocco divenne glamour, turistico, musicale, attraente...
Mai troppo jihadista, con un nuovo sovrano. meno dittatoriale del padre Hassan II, con un’economia fiorente e una squadra di calcio simpatica e allegra, che oggi si propone di rappresentare tutta l’Africa, per lo meno quella più vicina a noi. Sono passati 52 anni da quando li chiamavano “maruchin”.

Oggi, per loro il quotidiano Liberation ha coniato il termine “maroc'n'roll”. Hanno già vinto.   

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