Diario di bordo

Le ciotole di Michela

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Diario di bordo

Una su mille ce la fa! Una notizia al giorno - una sola, scelta con cura - per capire che aria tira e guardare al mondo con consapevolezza. E, a volte, un sorriso

Enrico Deaglio

Torinese del 1947. Da sempre in mezzo a giornali e libri, continua a tenere un diario dell’Italia che ci passa davanti. Avendo vissuto dieci anni in America, racconterà un po’ anche quella

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Lunedì 8 maggio 2023

Di Michela Murgia saprete già tutto.
La sua forza, la sua simpatia, i suoi libri, la leggerezza profonda con cui ha parlato della morte; la sua e la nostra.

Ieri il quotidiano “Domani” ha pubblicato l’incipit di Tre ciotole, il suo libro sulla malattia che uscirà il 17 maggio per Mondadori editore.
Ne riproduco qui le primissime righe, solo per dire che sarà sicuramente un grande evento letterario. Non so perché (o forse sì: quella luce che entra dalle ampie finestre dell’ospedale), mi ha ricordato l’inizio de La Montagna Incantata di Thomas Mann, quando Hans Castorp riceve dal medico del sanatorio di Davos il primo responso – ancora solo un sospetto (ma da indagare) - su quella “petite tache humide”…

Ecco Tre ciotole, cento anni dopo Thomas Mann:

«Lei ha una nuova formazione di cellule sul rene».

Il medico parlava con tono così lieve che per un istante lei pensò che l’annuncio fosse qualcosa di cui rallegrarsi. A causa della mascherina bianca, di quell’uomo gentile sulla sessantina vedeva solo metà del volto e nei primi minuti della visita aveva creduto che fosse la metà giusta. Ora non ne era più così sicura.

Oltre il paravento di plexiglas che sulla scrivania offriva a entrambi ulteriore protezione dal virus onnipresente, gli occhi del dottore la sfuggivano al punto che non riusciva a dirne con certezza il colore.
Per ripicca cercò a sua volta di rendere il viso illeggibile.

Dalle finestre ampie dell’ospedale di Monteverde entrava una luce galvanica che nel pieno del giorno splende con quella forza solo su Roma.
Era convinta che a emanarla fossero le braci segrete dell’impero, quello vero, ancora covanti sotto alle rovine di tre civiltà troppo più deboli per spegnerle del tutto.
In quella luce si sorrisero cauti e il medico, forse illuso di essere stato capito, continuò.

«In termini tecnici si chiama neoplasia perché vuol dire proprio “nuova formazione di cellule”».

(…)