Passato di letture

La guerra non torna di notte di Vincenza Alfano

Spesso si crede che l’avventura della Resistenza abbia riguardato solo l’Italia centro-settentrionale, ma non è così. In realtà, dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943 e la vergognosa fuga da Roma del re e del governo Badoglio, che lascia i militari italiani allo sbando in balia dei tedeschi, è al sud che si manifestarono i primi moti di ribellione, spesso segnati dal successo. Le “quattro giornate” di Napoli, la prima città a liberarsi da sola dai nazisti, tra il 27 e il 30 settembre ’43, sono una delle pagine più importanti di questa storia. Per scoprirla, o approfondirla in modo diverso, faccio uno strappo alle consuetudini del nostro Passato di letture e, anziché di un saggio, vi consiglio un piccolo romanzo storico appena uscito.

La guerra non torna di notte
La guerra non torna di notte Di Vincenza Alfano;

Vincenza Alfano ritrova una vicenda vera della sua famiglia e la restituisce come narrazione avvincente, salvando per il futuro le voci, i gesti, i protagonisti di una pagina importante della nostra storia.

Esordisce col “tu”, la voce narrante di La guerra non torna di notte; descrive sé stessa come «una somma di detriti, un accumulo di sedimenti di storie che non mi appartengono». L’invisibile interlocutrice a cui si rivolge nella “casa del mare”, che era stata la “casa della guerra”, è sua nonna Vicenza, detta Cenzina. Una signora altoborghese bella e inquieta, una donna con «la guerra dentro» ben prima che le bombe comincino a piombare sulle case, segnata da un’infanzia infelice, dalla rinuncia alla propria vocazione di concertista, dalla muta sottomissione al volere altrui che era la cifra dell’esistenza di innumerevoli donne, in anni in cui «la felicità non era prevista nel loro disegno della vita». Il romanzo rielabora il quaderno-diario che Cenzina ha lasciato in eredità, in cui fissa gli antichi racconti di cui la nipote non aveva «mai lasciato cadere una sola parola».

Si legge in un soffio, questo libro – lieve e delicato, anche se parla di abbandoni, bombardamenti, fame, tradimenti. Facendo la spola tra passato e presente, la protagonista racconta la fame e la paura, il trauma dei bombardamenti per fiaccare il morale della popolazione (ben 181, nel cielo di Napoli), la guerra totale che assottiglia i confini tra classi sociali, la lenta maturazione dell’avversione al fascismo, che comincia a germinare quando il duce impone di donare alla patria anche le fedi nuziali e monta nel fuoco della catastrofe bellica. Fino alle giornate caotiche e tempestose dopo la caduta del regime, con le riunioni in cortile, l’ansia di far qualcosa. Con l’armistizio, il generale Scholl occupa Napoli per conto di Hitler, con la promessa di ridurla «a fango e cenere», e dal ventre della città l’ansia esplode in aperta rivolta al suono del grido «Jatevenne!». Le donne, furiose, esauste, hanno un ruolo protagoniste. Dal rione Sanità arriva l’eco delle imprese della giovanissima Lenuccia Cerasuolo. E Vincenza sorprenderà tutti, a cominciare da sé stessa.

In La guerra non torna di notte riverberano i racconti di migliaia di altre donne, diversissime per età e censo, ma così simili a Cenzina, nell’ansia di sfuggire a un destino già scritto, di essere, finalmente, «come quelle donne – poche, spavalde, nuove – che decidevano assieme agli uomini come doveva andare il mondo». Protagoniste di una miriade di storie di liberazione personale che s’intrecciano con l’epica della guerra di Liberazione.

Abbinamento per buongustai

Per approfondire, consolidare e apprezzare ogni aroma, accompagnare senz’altro il romanzo con l’eccellente lavoro di Gabriella Gribaudi, Napoli in guerra 1940-1943 (Bollati Boringhieri, 2023), che ripropone la sezione dedicata alla capitale partenopea di un saggio del 2005, Guerra totale, dedicato all’intero fronte meridionale.

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