Anniversari e Ricorrenze

Cesare Segre, il critico letterario per antonomasia

Illustrazione di Lukasz Wdowiak, 2024, studente del Liceo artistico Volta di Pavia. Tecnica mista

Illustrazione di Lukasz Wdowiak, 2024, studente del Liceo artistico Volta di Pavia. Tecnica mista

L’assioma che sorregge queste pagine è il seguente: la letteratura è una forma di comunicazione

È in questo modo che Cesare Segre inaugura Avviamento all’analisi del testo letterario, saggio del 1985 che si prefigge, nelle sue premesse fondamentali, di riordinare e sistematizzare le procedure di analisi applicabili al testo letterario.

Denso risultato di una riflessione più ampia sugli strumenti e i metodi della critica letteraria, Avviamento restituisce appieno lo spirito e l’acume insiti nella speculazione di Segre, e resta a distanza di anni uno degli esempi forse più felici di pratica filologica.

Ispanista, semiologo, «philologus in aeternum» - come scrisse di sé stesso in un’intervista immaginaria pubblicata sulla rivista «Belfagor» - Cesare Segre nasce a Verzuolo il 4 aprile 1928. Frequenta la Scuola ebraica di Torino ma è costretto a lasciare la città assieme ai familiari in seguito alla promulgazione delle leggi razziali. Vi farà ritorno dopo la liberazione, concludendo gli studi liceali e dando il via a una proficua collaborazione con lo zio e maestro Santorre Debenedetti, il cui esito più importante sarà l’edizione uscita a doppia firma dell’Orlando furioso di Ariosto.

Nel corso dei suoi studi presso l’Università di Torino entra in contatto per la prima volta con il pensiero strutturalista, appassionandosi agli scritti di Saussure e sviluppando un’inclinazione per la storia della lingua che confluirà, in ultima analisi, nell’elaborazione di una tesi sulla lingua dei prosatori del Duecento. Negli stessi anni entrerà a far parte dell’equipe riunita da Gianfranco Contini – riconosciuto dallo stesso Segre come suo terzo maestro – per l’allestimento dell’antologia Poeti del Duecento.

Ottenuta la libera docenza in Filologia Romanza nel 1954, a soli 26 anni, Segre insegnerà all’Università di Pavia dal 1956 al 2001.

Redattore e collaboratore di riviste scientifiche, letterarie e periodiche, dirigerà le riviste Strumenti critici e Medioevo romanzo, oltre ad occuparsi della redazione di rubriche fisse presso diversi quotidiani nazionali (La Stampa, Il Corriere della Sera).

Il sodalizio con Contini, non privo di qualche dissonanza, e la lezione di Debenedetti giocarono un ruolo chiave nella messa a punto della metodologia di lavoro di Segre. Fu un aperto sostenitore dell’imprescindibilità di un’analisi critica concentrata prevalentemente sul testo, alla quale negli anni affiancò l’attività di teorico e studioso dell’ectodica: dalla sinergia di questi due impulsi nasceranno studi di grande importanza filologica come La tradizione della Chanson de Roland  e Tipologia dell’edizione testuale.

La novità dell’approccio metodologico di Segre risiedette, però, nel tentativo di coniugare agli strumenti dell’analisi puramente filologica quelli di più aperta matrice semiotica e strutturalista, i cui risultati – da più parti ritenuti di magistrale importanza – verranno sintetizzati nell’inchiesta su Strutturalismo e critica nel 1965.

L’attenta speculazione semiliogica che accompagnerà gran parte della sua immensa carriera da critico letterario comporterà, quasi inevitabilmente, un rinnovato interesse per la narratologia e i suoi maestri. Nel già citato Avviamento all’analisi del testo letterario, Segre aprirà a una riflessione sui meccanismi comunicativi della letteratura e, più in generale, dell’arte stessa, avvalendosi degli strumenti propri dell’analisi narratologica per condurre la sua indagine e riprendendo, tra le righe, la riflessione già inaugurata anni prima da Ferdinand de Saussure riguardo alla sfera dell’intertestualità.

La produzione critica di Segre subirà un’inversione di marcia nel 2005 con Tempo di bilanci, un insieme di «tentativi di abbozzi di bilanci» diviso in due soli, esaustivi capitoli. Pensata come una più ampia riflessione sullo stato degli studi letterari e della letteratura al tramonto di un secolo, l’opera si presenta come un bilancio che, va sottolineato, «serve soprattutto a chi lo fa; per gli altri funge, semmai, da tassonomia».

Diversamente dalla precedente produzione del filologo, Tempo di bilanci apre a una nuova stagione nel pensiero di Segre, che ora focalizza la sua attenzione sul concetto di ethos riflettendo sullo stato della letteratura e della società italiana al tramonto del secondo conflitto mondiale. Riflessioni, queste, di grande caratura intellettuale e filologica, che lo rendono, a dieci anni dalla sua scomparsa, un tassello imprescindibile nel grande mosaico della moderna teoria letteraria.

La critica di Cesare Segre

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