Ho sempre un dizionario in tasca! Quando sto lavorando in inglese e anche quando mi trovo in mezzo a persone così interessanti, non voglio perdermi nulla di ciò che dicono
Musa di Pedro Almodóvar, moglie di Javier Bardem e amante, tra le altre cose, dell’Italia. Basterebbero questi appellativi per descrivere Penelope Cruz. Ma, in realtà, l’attrice spagnola, che il 28 aprile 2024 è pronta a spengere 50 candeline, è molto di più.
La Madonna di Madrid, come soprannominata in patria, si è avvicinata al mondo dello spettacolo quando ancora non aveva compiuto 20 anni. Prima con corsi di danza, poi con il Conservatorio, e, infine, con la scuola d’arte drammatica.
Il debutto sul grande schermo arriva con Prosciutto prosciutto di Bigas Luna (dove conosce per la prima volta il futuro marito), con il quale ottiene la prima candidatura al Premio Goya come miglior attrice protagonista nel 1992. In realtà questo titolo era stato preceduto da un piccolo ruolo in un episodio della serie tv francese I classici dell’erotismo, dove la Cruz appare in una scena di nudo.
A Prosciutto prosciutto segue, poi, un secondo ruolo cinematografico, di caratura internazionale, con il film La Belle Époque di Fernando Trueba, vincitore dell’Oscar come miglior film straniero.
Grazie a questi due titoli la Cruz si fa notare per la sua versatilità, pronta a ruoli più sensuali, ma anche più innocenti.
Una carriera, ormai trentennale, destinata al successo fin da subito perché se è nel 1993 che ottiene la sua prima candidatura al Premio Goya le bastano solo 6 anni per aggiudicarsi quel riconoscimento con il film La niña dei tuoi sogni nuovamente diretta da Fernando Trueba. Parallelamente ai titoli spagnoli, Penelope Cruz prende parte anche ad alcuni film italiani, tra cui La ribelle di Aurelio Grimaldi e Per amore, solo per amore di Giovanni Veronesi, e negli anni 2000, dopo il grande successo di critica e pubblico di Tutto su mia madre di Almodóvar, che la consacra tra i grandi, prende parte anche ad alcuni titoli hollywoodiani come Blow di Ted Demme e Vanilla Sky di Cameron Crowe, in cui affianca Tom Cruise e Cameron Diaz.
Quello con Pedro Almodóvar è un sodalizio iniziato nel 1997 quando il regista la scelse per un piccolo ruolo in Carne trémula e che è, poi, continuato nel corso degli anni con diversi titoli, da Volver – Tornare a Dolor y gloria e Madres Paralelas che le è valso la Coppa Volpi per la miglior interpretazione femminile alla Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia nel 2021 e una candidatura al Premio Goya e al Premio Oscar. Candidature che, all’età di 50 anni, sono ben quattro. Se quella per Madres Paralelas è la più recente, prima di quella, in ordine cronologico, ci sono quella del 2007 per Volver (che la incorona anche prima attrice spagnola a ricevere una candidatura), quella del 2009 come miglior attrice non protagonista per Vicky Cristina Barcelona e l’anno successivo quella per Nine. Tra queste è per Vicky Cristina Barcelona che la Cruz riesce a coronare il sogno di portare a casa l’ambita statuetta trasformando la candidatura in una vittoria che le regala una fama ancora più grande di quella avuta fino a quel momento.
Apprezzata da tanti autori, anche nostrani, l’attrice spagnola continua a mostrare il suo talento con registi del calibro di Woody Allen che, appunto, la consacra definitivamente con il ruolo di María Elena che le vale l’Oscar, ma anche qualche anno dopo con To Rome with Love. Accanto a lui anche Ridley Scott, per il quale veste i panni di Laura nel film del 2013 The Counselor – Il procuratore, Kenneth Branagh per il primo capitolo del “suo” Poirot nel 2017 e ancora Olivier Assayas, Asghar Farhadi, l’italiano Emanuele Crialese e prima ancora anche Sergio Castellitto che l’aveva scelta per il suo Non ti muovere facendole ottenere il David di Donatello come miglior attrice protagonista, e Michael Mann per l’adattamento cinematografico della biografia del 1991 su Enzo Ferrari, per il quale Penelope Cruz interpreta Laura Ferrari.
Molto attenta e precisa l’attrice neocinquantenne ha più volte, nel corso della sua carriera, “sfruttato” la propria immagine e la propria notorietà per essere lei stessa in primis la promotrice di azioni di volontariato.
Parallelamente al suo impegno sui set è, infatti, molto attiva anche sul fronte della beneficenza. Basti pensare che nel 1998, dopo aver preso parte al suo primo film americano, decise di donare tutto il suo compenso alla missione di Madre Teresa a Calcutta, dove aveva soggiornato nel 1996.
Un’artista versatile e poliglotta (parla spagnolo, italiano, inglese e francese) che ama anche fotografare, come dimostrano i numerosi scatti ai volti dei bambini tibetani realizzati in occasione della sua visita in Nepal per intervistare il Dalai Lama.
Che possa essere un primo passo verso il “trasferimento” dietro la macchina da presa per un’eventuale carriera da regista che sembra in fase di decollo? Il mezzo secolo dell’attrice spagnola potrebbe riservare sorprese…
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