“I tuoi genitori dicono che tu menti sempre”. “Beh, mento… Mento ogni tanto, sì… spesso. Se dicevo la verità non mi credevano!”
Uno degli esordi più impressionanti della storia del cinema.
Il 4 maggio 1959, I 400 colpi di François Truffaut inaugurò - non senza destare scalpore - il Festival di Cannes dove vinse, tra gli altri, il Premio per la migliore regia.
Nominato all’Oscar per la sceneggiatura originale, il film ha radunato oltre 4 milioni di spettatori in Francia, diventando il maggior successo di Truffaut in patria.
Pellicola epocale, fu il primo lungometraggio commerciale apertamente autobiografico. Ispirato all’infanzia del cineasta francese, che è anche co-sceneggiatore insieme a Marcel Moussy, il film di formazione racconta la storia di Antoine Doinel: adolescente parigino indesiderato a casa e incompreso a scuola che, per ribellarsi, finisce in riformatorio.
Le prime scene in classe ricordano Zero in condotta, parodia dell'istruzione francese del 1933, diretta da Jean Vigo, grande influenza di Truffaut.
A Parigi Antoine vive con la madre e il patrigno, che non si occupano molto di lui. Con l'amico René, Antoine marina spesso la scuola, si mette nei guai e finisce in riformatorio. Palma d'oro a Cannes nel 1959 per la migliore regia.
Manifesto della Nouvelle Vague, I 400 colpi mostra molti degli elementi che definiscono il movimento.
Come la corsa (sinonimo di liberazione) di Antoine verso il mare nel finale del film. Leitmotiv che rivedremo in Fino all’ultimo respiro e Bande à part di Godard ma anche in Jules e Jim dello stesso Truffaut. Il regista ha, inoltre, introdotto uno dei cliché più in voga degli anni '60: il primo piano che sfonda la quarta parete, con fermo immagine conclusivo. Truffaut ha preso l'idea dallo sguardo di Harriet Andersson nel finale di Monica e il desiderio di Bergman del '53.
Quell’iconica «image fixe» su Doinel che, finalmente vede il mare, ha catturato il momento in cui il ragazzo è diventato un uomo.
Autofiction
Allora, 27enne, Truffaut era determinato a realizzare un film «follemente sincero e ambizioso».
«Sincero», perché radicato nell'infanzia turbolenta e infelice del regista che, come il suo Antoine, trovò una casa sostitutiva nel cinema e non ha mai conosciuto il suo papà biologico.
Nessuno sa chi sia il vero padre di Truffaut; la madre Jeanine non lo ha mai rivelato. Tuttavia, i film non «salvano» Antoine nel modo in cui in realtà salvarono il giovane cinefilo Truffaut, la cui amicizia con l’intellettuale André Bazin, che divenne il suo padre spirituale, gli risparmiò una punizione terribile per aver disertato durante il servizio nazionale.
Il film è dedicato alla memoria del critico francese, morto la sera del giorno di inizio delle riprese.
«Ambizioso», perché per la prima volta un bambino era al centro di una pellicola senza retorica. Nello sguardo disincantato dell’alter ego di Truffaut, il 14enne Jean-Pierre Léaud che doveva cimentarsi in un bambino di 12 anni e mezzo. Viveva in un convitto a 200 km da Parigi e si precipitò al provino saltando su un treno, dopo aver marinato la scuola.
A Parigi, alla fine degli anni Cinquanta, un bambino a scuola non ingrana e a casa si sente tollerato, con una madre egoista e dura e un patrigno indifferente. Un mattino in cui con un compagno ha marinato la scuola scopre la madre, per la strada, tra le braccia dell'amante.
Entusiasta dell’audizione dell’attore in erba (una conversazione informale con il regista fuori campo), Truffaut ha voluto inserirla nel film sostituendo la sua voce con quella di una psichiatra.
Tutti i giovani attori provinati, senza successo, per il ruolo del protagonista hanno recitato nelle scene in classe. Il titolo italiano fa perdere il senso che ha nella lingua originale, in cui si riferisce all'espressione gergale francese «faire les quatre cents coups», che significa «scatenare l'inferno», «fare il diavolo a quattro».
«I 400 colpi» sono anche quelli che sta incassando Antoine, ovvero, crudeltà, umiliazione, disperazione.
Eredità
I 400 colpi fa da apripista alla serie di film con protagonista Antoine Doinel (sempre interpretato da Léaud), ripreso in diverse fasi della vita, dall'adolescenza alla maturità. Le opere successive del «ciclo di Doinel» sono: Antoine e Colette (episodio del film collettivo L'amore a vent'anni (1962), Baci rubati (1968), Non drammatizziamo… è solo questione di corna (1970), L'amore fugge (1978). Akira Kurosawa, Luis Buñuel, Steven Spielberg, Richard Linklater (Boyhood del 2014 fu il suo chiaro omaggio al regista francese), Woody Allen e Wes Anderson hanno citato I 400 colpi come uno dei loro film preferiti. Kurosawa lo definì: «uno dei film più belli che abbia mai visto».
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