Giovedì 5 maggio
Nell’ottima scuola pubblica italiana, quando ero ragazzino, si mandava a memoria il “5 maggio” scritta di getto da Alessandro Manzoni, colpito dalla morte di Napoleone Bonaparte a Sant’Elena; e poi la prof. chiedeva “cosa vuol dire: ai posteri l’ardua sentenza?”.
Da 201 anni non c’è risposta.
E sul “9 maggio” prossimo, siamo preparati? Occhio, che mancano pochi giorni e da quello che succederà il 9 maggio a Mosca e in Ucraina, potrebbero cambiare i destini del mondo.
Come una volta tutti sapevano (e poi lentamente scese l’oblio) il 9 maggio 1945 è la data ufficiale della fine della Seconda guerra mondiale in Europa. I tre soldati dell’Armata Rossa che issano la bandiera rossa con la falce e martello a Berlino (uno era russo, il secondo era ucraino, il terzo georgiano), sono il simbolo di quel giorno. Hitler era morto nel bunker. Il campo di Auschwitz era stato liberato solo pochi mesi prima, il 27 gennaio, sempre da parte dell’Armata Rossa (vedi il racconto del più grande testimone, Primo Levi); pochi giorni prima l’esercito americano era entrato con le cineprese nei campi di Dachau, Buchenwald, Bergen Belsen.
Quindi tutti noi dovremmo essere felici di festeggiare il 9 maggio (l’è ‘l di di mort, alegher! come avrebbe detto il poeta milanese Delio Tessa) e invece siamo preoccupati come raramente lo siamo stati negli ultimi 77 anni. Cosa succederà alla parata di Mosca? Putin farà sfilare i suoi missili intercontinentali? Avrà vicino a sé i suoi generali vittoriosi? Annuncerà invece la guerra totale? Avrà la benedizione del patriarca Kirill? Farà davvero sfilare (in catene?) 500 prigionieri ucraini? Annuncerà l’avvenuta “denazificazione” dell’Ucraina e quindi che per adesso si ferma lì? Quest’ultima pare difficile, perché significherebbe certificare la più sonante sconfitta dell’esercito russo in tutta la sua esistenza.
E dunque? Stiamo sospesi… E mancano solo quattro giorni.
Ad aumentare il climax, leggo fresca fresca la notizia diffusa dal New York Times: il Pentagono ha ufficialmente reso noto che 12 generali russi sono stati uccisi in Ucraina in due mesi di guerra (una cifra che non ha precedenti negli annali militari), e che una forte maggioranza di queste “eliminazioni” è avvenuta grazie all’intelligence americana, in grado di prevedere i loro spostamenti ed indicarli all’esercito di Zelensky.
Beh, questa è veramente propaganda di guerra, direte voi. Ma ammetterete che è piuttosto impegnativa, come notizia.
Alessandro Manzoni scrisse l’ode “Il 5 maggio” in soli tre giorni, in preda a “febbrile agitazione”.
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