Bassa marea

Coi libri non è mai un lungo addio

Particolare tratto dalla copertina della prima edizione americana del romanzo (1953)

Particolare tratto dalla copertina della prima edizione americana del romanzo (1953)

Il concetto dei romanzi che si parlano tra loro esiste praticamente da Omero in poi: tutta la letteratura, perlomeno in Occidente, ha le sue radici nell’Iliade e nell’Odissea.
In Russia, del resto, si usava dire che tutti gli scrittori vengono dal Cappotto di Gogol. E il fenomeno continua ai giorni nostri. A ricordarmelo provvede la riedizione, pubblicata da Adelphi in una nuova traduzione, di un classico di Raymond Chandler: Il lungo addio. Un libro che ho molto amato, e non sono stato l’unico, come testimonia l’effetto che ha avuto su altri narratori.

Il romanzo di Chandler esce nel 1953, sesto libro con l’investigatore Philip Marlowe come protagonista.
Alcuni critici lo giudicano inferiore a Il grande sonno e Addio, mia amata, altri lo reputano superiore a tutti, incluso l’autore che lo definiva “il mio migliore”.
Esattamente vent’anni dopo, nel 1973, esce un film dallo stesso titolo, diretto dal grande regista americano Robert Altman e tratto dal romanzo di Chandler (che è morto nel 1959).
Trama e ambientazione sono più o meno le stesse, con Marlowe protagonista e Los Angeles sullo sfondo, ma Altman sceglie per interpretare il detective un attore ironico come Elliott Gould e dà alla pellicola un tono da dark comedy: non tutti lo apprezzano, alcuni avrebbero preferito uno stile da noir tradizionale, ma per altri è il miglior adattamento possibile, un modo di modernizzare il romanzo lasciandone intatto l’amaro messaggio.

Uno di quelli cui il film di Altman piace è Michael Connelly: ne rimane talmente ispirato che, dopo averlo visto al cinema, lascia il giornalismo e decide di diventare anche lui uno scrittore di noir. Non solo: si trasferisce a Los Angeles e va a vedere gli High Tower Apartments, una torre di appartamenti alta trenta metri, nella quale Chandler fa vivere Marlowe nel suo romanzo e che Altman ha usato per girare il film. Connelly chiede al manager del palazzo se c’è un appartamento libero. Non c’è. Allora chiede di telefonargli nel caso in cui se ne liberi uno.
Nel frattempo comincia a sfornare best-seller. Passano dieci anni. All’High Tower si libera un appartamento. Il manager telefona a Connelly, che lo affitta e ne fa il suo studio: per anni diventa il posto in cui scrive i suoi romanzi, compresa la fortunatissima serie sul detective Harry Bosch.

Un esempio perfetto di romanzi che si parlano tra di loro.
E la conversazione potrebbe non essere finita: leggendo queste righe, magari qualcun altro si metterà sulle orme di Connelly, che ha seguito le orme di Altman, che ha seguito quelle di Chandler, andrà a vivere all’High Tower e scriverà un nuovo noir californiano ispirato da Il lungo addio.   

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