Com’è che il giovane Willy ha costruito la fabbrica di cioccolato? Com’è potuto succedere che un giovane con pochi soldi, una tavoletta nel cilindro e il sogno di aprire un negozio nella piazza del centro della città, sia diventato il più famoso cioccolataio del mondo? Il film Wonka parte da qui. È il prequel, un altro prequel in un tempo di remake, reboot, prequel, spin-off. E comunque ci fa piacere che sia arrivato.
Un bel giorno la fabbrica di cioccolato Wonka dirama un avviso: chi troverà i cinque biglietti d'oro nelle tavolette di cioccolato riceverà una provvista di dolciumi bastante per tutto il resto della sua vita e potrà visitare l'interno della fabbrica, mentre un solo fortunato tra i cinque ne diventerà il padrone. Chi sarà il fortunato? Età di lettura: da 7 anni.
Del resto queste reinvenzioni ossessive dei miti ci sono sempre state. Lo Hobbit di Tolkien ci ha regalato le origini del Signore degli anelli svelandoci i segreti di Bilbo Baggins, Animali fantastici ci ha fatto dare una sbirciata all’universo di Harry Potter prima della sua nascita, e, a ben vedere, il Grande Inquisitore dentro i Fratelli Karamazov sarebbe stato la base per uno spin-off bello e pronto. Ben vengano quindi presto i prequel annunciati da Sky di Gomorra e Romanzo Criminale.
Insomma le buone storie e i buoni personaggi non si sono mai lasciati e oggi non si mollano più che mai. Il mito, che sia Willy Wonka o Batman, va rifondato di continuo attraverso origin stories che provano a illuminare i personaggi con luci nuove. C’entra il box office, questo è chiaro, ma forse anche qualcosa di più profondo: un bisogno di conferma, di rassicurazione, la voglia di ritrovare storie, di smontare le figure dei protagonisti, inquadrarli da ogni prospettiva per accaparrarcene, per farli pienamente nostri, per non abbandonarli mai. I nostri ragazzi, divoratori di fumetti e serie tv, lo sanno benissimo, lo capiscono intuitivamente meglio degli adulti.
Rimasto a lungo solo, l'eccentrico Willy Wonka lancia un concorso mondiale per selezionare l'erede del suo impero di cioccolato. Il povero Charlie insieme a quattro fortunati bambini trova nelle barrette di cioccolato di Wonka il biglietto d'oro che gli fa vincere una visita guidata nella leggendaria fabbrica, in cui nessuno è più entrato da ben quindici anni.
Una volta durante una presentazione in una scuola, un ragazzo mi ha chiesto perché non avessi mai utilizzato crossover per agganciare i personaggi dei miei libri. Era un semplicissimo sedicenne con indosso una felpa, non era una domanda impostata da primo della classe, era una curiosità spontanea. “Scusa?” è la sola cosa che ho saputo dire. Come un alunno in difficoltà ho preso tempo di fronte a una domanda rispetto alla quale non avevo la più pallida idea di cosa rispondere, e lui sorridendo mi ha ricordato con tutta calma che nei manga, ma anche nelle fiction, le storie si contaminano.
E allora può succedere che Batman combatta contro Superman, che un personaggio di Homicide si trasferisca in Law & Order, che nelle puntate dei Simpson o dei Griffin spuntino protagonisti da ogni altro universo parallelo dell’animazione. “Perché voi scrittori non usate il crossover nei romanzi?” ha insistito alla fine. Io a quel punto sono stato onesto: non ne avevo la più pallida idea. Ma la connessione tra il mio mondo e il suo era avvenuta. Io che tendevo a sentire ogni opera come un mondo unico, a sé - per carità Zorro contro Maciste c’era già prima che io nascessi, ma il fenomeno era diverso - lui che insisteva che sarebbe stato un bene, per me scrittore e per lui lettore, non limitare la vita dei personaggi a quelle duecento pagine.
E quindi ecco che giustamente Paul King ha scritto l’attesissimo prequel della Fabbrica di cioccolato, andando oltre il libro di Dahl. Ha dato vita all’incontro tra il giovane Willy - Timothée Chalamet - e l’Umpa Lumpa - Hugh Grant - radiato dalla sua tribù, ha messo in scena alleanze e solidarietà che porteranno alla nascita di quella fabbrica magica. Così anche il film diventa una pasticceria, un luogo dove gli amanti di quell’immaginario possono abbuffarsi di nuove storie. È un po’ un regalo che lo spettatore si fa, e insieme è un modo di mettere più a fuoco la storia e i personaggi come moltiplicando all’infinito il numero dei pixel.
Ci sono libri che danno pura gioia, facendo vibrare dentro di noi tutte le corde del nostro amore per la lettura: il racconto trascinante unito a temi che ci toccano nel profondo, la suspense e l'avventura e un sottile gioco letterario che stimola la nostra complicità, una documentata ricostruzione storica e il fascino di personaggi più grandi del reale, nati già immortali.
Un’emozione che ogni tanto capita. Tempo fa avevo letto con piacere Björn Larsson quando nella Vera storia del pirata Long John Silver aveva immaginato la vita di uno dei più geniali cattivi della storia della letteratura, un villain doc, e mi aveva divertito ritrovare il pirata, vivo e ricco in Madagascar, intento a scrivere le sue memorie. Godimento, gusto per l’artificio letterario, tutto bello. C’è solo una magia che si perde un po’: quella della ineffabilità. Il doppio fondo tra bene e male nella coscienza di Long John era un territorio che non veniva mai svelato del tutto da Stevenson restando imperscrutabile, così come la stravaganza di Willy Wonka non veniva mai motivata nelle sue pieghe, e proprio lì stava una delle ragioni del fascino che rendeva indimenticabili quei due personaggi.
Qui il gioco è altro, e il fascino nasce da altro: è la festa del ritrovarsi, il piacere di fare ancora un pezzo di strada con un amico. E va bene così.
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