Diario di bordo

L'umorismo yiddish di Zelensky

Mercoledì 14 dicembre

A marzo, appena cominciata l’invasione, con Kiev accerchiata e i commandos scelti di Putin pronti a catturare Zelensky, per sostituirlo con “persone perbene” (parole di Silvio Berlusconi), il presidente si mise in contatto con Washington, che mandò rassicurazioni: l’America avrebbe fatto il possibile per assicurargli una via di fuga. Al che il presidente, uno strano comico eletto con il 70 per cento dei voti, in protesta contro la corruzione, ebbe la risposta pronta: “Non ci siamo capiti; io non ho bisogno di un passaggio, io ho bisogno di munizioni”.
Il resto lo sapete, ed è inutile ricordare che fu proprio la faccia tosta di quell’omino, così goffo nella divisa militare, a farle arrivare, le munizioni e a cambiare spettacolarmente il corso di una guerra, come raramente è successo nella storia moderna.

Zelensky è ebreo e viene da una delle migliori scuole di teatro, quella dell’umorismo yiddish, nato nel centro d’Europa e trapiantato in America, per esempio, con i fratelli Marx. La battuta gli viene naturale; e così è stato nell’intervista concessa a David Letterman, ad ottobre nel sottosuolo di Kiev, quando la capitale era di nuovo sotto i missili russi.
E dunque, l’attore Zelensky racconta una barzelletta.
Ci sono due ebrei di Odessa che si incontrano e uno fa all’altro:
"Che novità ci sono?",
"Oh, la Russia ha dichiarato guerra alla NATO"
"E come sta andando?"
"... beh, la Russia ha perso 70.000 uomini, sta finendo i missili e il suo esercito è distrutto..."
"Ah! ...e la NATO?"
"Oh, la NATO non è ancora arrivata….”

Niente da fare, Zelensky è un grande uomo di spettacolo, e sa che le guerre, alla fine si vincono con il sense of humour.
E per adesso bisogna passare l’inverno…

C’è un parallelo tra la guerra di oggi e l’inverno del 1944, quando gli alleati in Europa incontrarono più resistenza del previsto e i partigiani italiani in montagna speravano nei lanci di armi.

Questo mi ricorda una barzelletta che girava all’epoca.

Siamo a Londra e tutti aspettano notizie. Jim è l’autista personale di Churchill e, finito il lavoro, come tutti va al pub, dove gli chiedono se ci sono novità. E lui, giorno dopo giorno, dice “bisogna avere pazienza”. Ma una sera entra gridando nel pub e fa:
”Venite qui, ho notizie! Churchill mi ha detto quando finirà questa guerra!”.

Si fanno tutti intorno, e Jim racconta: “oggi l’ho portato in giro dall’Ammiragliato a Westminster, a Buckingham Palace e poi di nuovo all’Ammiragliato… Alla fine Churchill era esausto, si è accasciato sul sedile e mi ha detto: “Jim, quando finirà questa guerra”?

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