Di nome faceva Arturo, ma avrebbe preferito chiamarsi John. Di cognome faceva Bandini ma lui avrebbe preferito chiamarsi Jones. Suo padre e sua madre erano italiani ma lui avrebbe preferito essere americano.
Arturo Bandini ha quattordici anni, vive a Rocklin, un paese sulle montagne del Colorado, ed è figlio di due genitori immigrati dall’Italia. La sua vita è fatta di miseria, quella nera, quella che ti fa vergognare.
La storia di Maria e Svevo, madre e padre di Arturo e dei suoi fratelli August e Federico è quella di molte altre famiglie italiane che sono emigrate all’estero in cerca di lavoro e fortuna. Si sono ritrovati in un paese moderno e veloce, lontano dalle loro tradizioni, dai loro modi di fare e di parlare: troppo distanti dall’Italia per aggrapparsi al passato, troppo poco inseriti nella nuova cultura per completare quel salto liberatorio.
Arturo ha quattordici anni, abita in America, in uno sperduto paesino sulle montagne, possiede una slitta. Per il resto avrebbe preferito chiamarsi John, e di cognome, invece che Bandini, Jones. La madre e il padre sono italiani immigrati, ma lui avrebbe preferito essere americano.
Nel mezzo ci sono l’inverno e il gelo, un tale freddo da impedire al padre Svevo di lavorare per pagare i debiti. E da qui monta quella rabbia, quella smania brutta e affascinante che caratterizza spesso le figure paterne nell’opera di John Fante.
Aspetta primavera, Bandini è il libro d’esordio di uno degli scrittori che meglio ha saputo raccontare il rapporto padre-figlio, una relazione imperfetta, impari, discutibile nelle sue manifestazioni ma tuttavia vera, vera per molti lettori che anche nelle pagine di Chiedi alla polvere o La confraternita dell’uva si sono ritrovati.
Sei un uomo in gamba, papà! Stai uccidendo mamma, ma sei magnifico!
Marco D’Amore deve molto a questo titolo. Accanito e disordinato lettore, come ci ha confessato essere nella nostra intervista in merito al suo nuovo film Caracas, che dirige e interpreta, in John Fante ha scoperto non solo uno stile di scrittura unico, ma anche una voce che è riuscita a trascendere le contingenze della narrazione, arrivando a parlargli dentro.
Quando i libri riescono ad agire così profondamente sulla coscienza delle persone che lo leggono, riuscendo ad andare oltre la storia che raccontano e intercettando un tuo conflitto, ecco che dire che la letteratura, il cinema e il teatro sono relegabili alla sfera dell’intrattenimento è una delle più grandi offese che si possa arrecare a chi spende la vita per raccontare storie.
Aspetta primavera, Bandini è un romanzo di attesa, lo dice il titolo: l’arrivo della bella stagione corrisponde, illusoriamente, per il protagonista e per suo padre, a una trasformazione radicale di quello che si è e che non si vuole essere.
Arturo Bandini è l’antieroe per eccellenza, un ragazzo attaccabrighe che trascorre la vita tra baseball, una ragazza che non lo ricambia e l’amore per un padre che ama e che disprezza allo stesso tempo. Ma dietro questo suo bighellonare nasconde la vergogna per una povertà che circonda ogni anfratto della sua vita, una miseria tale da attaccarsi ai vestiti, da entrare nella bocca. Vorrebbe essere ricco, vorrebbe che suo padre non fosse un misero manovale che tratta male sua mamma; allo stesso tempo ammira Svevo perché non si arrende alla propria condizione di immigrato italiano, e con le unghie e con i denti combatte ogni giorno senza piangersi addosso.
Lo stile di John Fante, un impasto di ironia, spietatezza e candore, smorza la tragedia della storia, e con schiettezza, senza retorica o idealismi, la sua voce è divenuta unica e riconoscibile e il suo protagonista, alter ego dell’autore, è divenuto simbolo per tutti i sognatori scavezzacollo di molte generazioni.
Poveretta. Sua madre, una poveretta. Quelle parole lo ridussero a una disperazione tale da riempirgli gli occhi di lacrime. Ovunque, la stessa storia, sempre sua madre, la poveretta, sempre povertà e povertà, sempre quella parola, dentro di lui e intorno a lui.
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