È da poco uscito nelle sale dei cinema italiani Romeo è Giulietta, la nuova commedia firmata da Giovanni Veronesi, con protagonista Pilar Fogliati nei panni di un insolito, ma credibilissimo, Romeo. Al termine della nostra intervista sulla pellicola e i suoi retroscena (non perdetevela!), abbiamo chiesto ad attrice e regista di nominarci alcuni libri che hanno fatto la differenza nella loro vita.
La storia di Pilar Fogliati dietro al titolo da lei scelto diverte e muove a un dolce sorriso, perché il libro in questione si lega inesorabilmente alla sua carriera di attrice. Dubliners o Gente di Dublino, nella traduzione italiana, è un’opera senza tempo che ha settato un nuovo livello di sperimentazione letteraria, per stile e tecnica narrativa.
Considerati tra i capolavori della letteratura del Novecento, questi quindici racconti - terminati nel 1906 ma pubblicati soltanto nel 1914 perché per la loro audacia e realismo gli editori li rifiutarono - compongono un mosaico unitario che rappresenta le tappe fondamentali della vita umana: l'infanzia, l'adolescenza, la maturità, la vecchiaia, la morte.
James Joyce ha instillato nella sua raccolta di racconti, la prima opera nota dello scrittore irlandese, temi e strumenti che si ripeteranno nelle pubblicazioni successive, a cominciare dall’ambientazione di Dublino, la sua città natale. In questi quindici episodi lo scrittore vuole racchiudere l’essenza della capitale irlandese attraverso il racconto di altrettante vite quotidiane, narrate in parte dagli stessi pensieri e la stessa coscienza dei personaggi.
Qui compare in nuce, infatti, una tecnica sviluppata con più ampio respiro nella più magnifica delle opere di James Joyce, ovvero l’Ulisse. In Gente di Dublino il flusso di coscienza dei protagonisti non è ancora così libero e ardito ma si limita a far sparire la voce del narratore dentro il pensiero diretto e fluido dei personaggi: il risultato sarà una polifonia di voci, tante quante quelle dei protagonisti.
I racconti sono suddivisibili in archi di vita (infanzia, adolescenza e adultità) e muovono da una ferrea volontà di critica sociale da parte di James Joyce verso la popolazione irlandese. Il tema dell’immobilità su cui batte lo scrittore è infatti legato a doppio filo con il forte moralismo cattolico che guida le scelte di vita di tutta o della maggior parte della popolazione, nei primi anni Venti del Novecento. A una crisi dei valori morali, corrisponde una stasi fisica, un’incapacità di andare avanti che Joyce esaspera attraverso tanti tentativi di fuga, quanti sono i racconti della raccolta.
"L''Ulisse' è un libro scritto da qualcuno che doveva diventare tenore (Joyce quando abitava a Trieste), uno che aveva imparato a trasmettere sulla pagina ciò che i musicisti chiamano 'orecchio interno', al di là del senso oggettivo delle parole.
Per fare questo ricorre a una figura narrativa, destinata a ripetersi nelle sue opere, l’epifania. Ogni protagonista di Gente di Dublino è colto da un’illuminazione, una rivelazione spirituale causata da qualcosa di banale come un suono o un gesto quotidiano che nasconde però un significato inatteso e più profondo; disvelata la propria situazione di immobilità, i personaggi proveranno a cambiar vita, senza mai riuscirci.
Quello che interessa a Joyce quindi, non è tanto la denuncia in sé della “debolezza irlandese”, piuttosto il modo in cui questa presa di coscienza inattesa, questa intuizione si rivela ai personaggi, e pur se l’obiettivo sembra moralista, Joyce non indossa mai i panni dell’istruttore ma si limita a rappresentare l’impossibilità di uscire da questa impasse morale.
Gente di Dublino trovò finalmente un editore nel 1914, dopo tanti rifiuti e la rinuncia di royalties da parte dell’autore. Come è accaduto ad altre grandi opere classiche, la portata rivoluzionaria della raccolta di racconti, così come la genialità del suo autore, non saranno riconosciute immediatamente, ma le sue innovazioni stilistiche e narrative perdureranno nel tempo e faranno di James Joyce uno dei padri della letteratura moderna e contemporanea.
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