Enrico Ruggeri, che di presentazioni non ha molto bisogno, ci consiglia il suo libro cult, Opinioni di un clown, di Heinrich Böll. Ma di cosa parla il libro che il cantautore e scrittore ci racconta?
Uno dei miei libri di culto è Opinioni di un clown. Ambientato nella Germania post nazista, negli anni ’50, racconta la tragedia di una generazione e di una classe sociale, la borghesia tedesca, che si dibatte tra i sensi di colpa e le miserie classiche della borghesia di sempre
Opinioni di un clown racconta gli avvenimenti di circa tre ore, nel 1962 a Bonn. Siamo in Germania, nel periodo post-nazista. Il protagonista è Hans Schnier, un giovane artista che per vivere fa il clown. E come succede spesso ai clown è triste. La sua ultima esibizione è stata un disastro, lui si è infortunato e il pubblico non ride più. Come se non bastasse viene anche lasciato da Maria, la donna della quale è innamorato perdutamente.
Una giovane ragazza e fervente cattolica, inizialmente condivideva con Hans l’odio nei confronti della borghesia. Eppure, è proprio un cattolico borghese che decide di sposare. Hans non regge questo tradimento e ne è logorato. Così comincia la sua storia.
Il protagonista del libro è un artista, un artista che ha fallito, un grande poeta che sostiene giustamente che l’arte sia sempre pagata o troppo o troppo poco, che vive tutta la vita nelle rimembranze di un grande amore con una ragazza che non poteva permettersi perché figlia di un borghese. E quindi c’è anche tutto il rapporto che tutti noi abbiamo con gli amori idealizzati e mai vissuti
Hans decide allora di fermarsi e iniziare a riflettere sulla vita. I pensieri vagano sulle relazioni sentimentali. La sorella, il padre, la madre, Maria. Sono relazioni con cui lui ha dovuto combattere. Prima la sorella scomparsa durante la guerra, poi un padre povero in sentimenti, una madre ipocrita e, infine, Maria. E sono queste tre ore che fanno ripercorrere al protagonista la propria vita, tra dialoghi con i genitori, insulti alle persone e autocommiserazione.
Delirio, rabbia, provocazioni. Questo è quello che fuoriesce dal flusso di pensieri di Hans. In sole tre ore conosciamo la morale di Hans e la sua doppia crisi, sentimentale e professionale. Preferisce vivere onestamente con il suo lavoro di clown, piuttosto che diventare un ipocrita come gli altri. Ma il suo lavoro è in crisi, come abbiamo detto. E in crisi è anche la sua relazione con Maria.
Tutto questo avviene in una città, Bonn, che dopo la guerra tenta di risollevarsi. La gente corre, va avanti, è in fermento e Hans si sente escluso. Ai margini della società, è in perenne lotta con l’ambiente in cui vive, ma dal quale si sente estraneo.
Avvicinandosi alla cinquantina, a un clown non restano che due possibilità: o il lastrico o il trionfo
Opinioni di un clown è la storia di una deriva esistenziale, di flashback e ricordi che nella loro confusa nitidezza diventano la critica di Hans contro la famiglia, la società, lo Stato e il cristianesimo. È una critica ironica, ma spietata. Il clown non fa più ridere, è un uomo disperato che vede il suo fallimento prendere vita.
È una critica aggressiva, sfrontata che si rispecchia anche nel tono che Hans usa. Se prima il clown parlava con gioco, scherzo, ora parla con irriverenza e disperazione. Tutto converge nel desiderio di riavere Maria che si è allontanata sempre di più da lui dopo aver iniziato a frequentare il mondo cattolico. Ed ecco allora che Hans si scaglia contro questa organizzazione.
È la Chiesa il bersaglio più grande del protagonista. Ma non è il solo argomento. Il clown ricorda bene il passato nazista di chi ha di fronte e non vuole cancellarlo. Sono ricordi che si intessono in tutto il romanzo che diventa un’accusa più generale a tutti gli opportunisti e ai falsi convertiti.
Avevo voglia di piangere: la biacca sul viso me lo impediva, era così perfetta con quelle crepe, con quei punti in cui il gesso cominciava a sfogliarsi; le lacrime avrebbero rovinato tutto. Avrei potuto piangere più tardi, dopo, a recita finita, se ne avessi ancora avuto voglia. L’abito professionale è la corazza migliore che esista, vulnerabili sono soltanto i santi e i dilettanti
Pregno di moralismo intransigente, Opinioni di un clown rimane fermo a un clown isolato e a un uomo disperato. E la storia di Hans non ha una conclusione perché dopo le tre ore di critica spietata, il clown esce di casa, va verso la stazione di Bonn e inizia a mendicare e a cantare canzoni religiose. È l’epilogo di un uomo che ha visto il suo fallimento prendere forma e che a questa forma non ha saputo opporre resistenza. Una fine sicuramente atroce la sua, ma necessaria per appesantire la condanna alla società bigotta e falsa degli anni del post-guerra.
Il tutto sempre in bilico tra poesia e racconto di un fallimento. In realtà il fallimento del nostro protagonista è il non essersi integrato in una società che lui fondamentalmente disprezza. Il tutto vestito di grandissima poesia.
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