I miei collaboratori mi hanno circondato e mi hanno detto "Ma scusa, sei così entusiasta, di questa storia... perché non la fai tu, la regia?". Fui colpito. Mi sono concesso una riserva e ho detto "Accetterò solo se troverò i bambini giusti". Li ho trovati e ho accettato. E oggi posso dire che sono contento.
Una videointervista realizzata in collaborazione con MyMovies.
I binari corrono sul filo del ricordo.
Un'estate lontana, nell'anno 1943. Non è un anno come gli altri, quello che si vive in Italia: il 25 luglio Mussolini è stato arrestato, l'esercito è sbandato, si è capito che piega prenderà la guerra in corso e la Germania di Hitler è furibonda con l'alleato che l'ha tradita.
Questo lo capiscono bene gli adulti, da qualsiasi parte stiano delle (tante) barricate che vanno ergendosi lungo una linea del fronte che è diventata lunga quanto il Paese stesso.
Ma lo sentono e lo capiscono anche i ragazzini: il tempo sta cambiando, molto più velocemente di quanto non promettano di fare quelle nuvole che si addensano sul cielo, a ricordare che l'estate non è solo una stagione meteorologica: è una condizione esistenziale, che è più facile abbracciare quando si è assieme, e contro la fine della quale non esiste antidoto, oltre all'amicizia.
Equipaggiati con l’incoscienza che è patrimonio di ogni bambino, un’amicizia che diventa più forte di giorno in giorno e una misteriosa mappa, Cosimo, Italo e Vanda portano avanti con caparbietà la loro missione, tra avventure spericolate e voglia di libertà pagata a caro prezzo.
Quando Claudio Bisio e sua moglie Sandra Bonzi, nel 2019, hanno letto il libro di Fabio Bartolomei (pubblicato dalle edizioni E/O), hanno capito che quella che avevano fra le mani era una storia da trasformare in un film. Sì, perché ne L'ultima volta che siamo stati bambini ci sono tutti gli ingredienti che - immaginati al cinema - promettono di lievitare e sprigionare profumi irresistibili, se solo la ricetta originale venga trattata con rispetto e passione.
Beh, oggi possiamo dirlo: i coniugi Bisio ci avevano visto giusto, perché qualche anno dopo quella prima, folgorante illuminazione, possiamo finalmente goderci il film nelle sale.
E - sorpresa! - l'ingrediente segreto, quello che ha portato la torta al giusto grado di cottura, è stato quello che nessuno avrebbe immaginato.
Eh già, perché dietro la macchina da presa de L'ultima volta che siamo stati bambini c'era colui che nella storia raccontata dal libro ha creduto fortemente, sin dal primo momento: Claudio Bisio.
Ma Bisio non si è limitato al pur difficile passaggio al lato oscuro del cinema, quello lontano dai riflettori e fatto soprattutto di tensione e responsabilità.
No! Per il suo esordio, l'attore, conduttore, scrittore - e ora anche regista - ha voluto raccontare una storia di ragazzini, preadolescenti che si affacciano all'età adulta nella congiuntura storica più complessa. Vanda, Italo e Cosimo hanno dieci anni e, nonostante l'infuriare della guerra, trovano nel tempo passato assieme il momento più bello dei loro giorni. Momento che condividono con l'amico Riccardo, che è ebreo.
Quando le infami leggi razziali cominciano a seminare paura e sospetti, il quartetto non fa che rinsaldarsi attorno all'asse esclusivo dell'amicizia.
Ma un giorno Riccardo scompare. Dove sarà? I tedeschi devono averlo portato via con un treno, bisogna dir loro che Riccardo non ha alcuna colpa! Ormai è deciso: Vanda, Italo e Cosimo seguiranno i binari del treno per andare in Germania a testimoniare dell'innocenza di Riccardo. Sulle loro orme si mettono però il fratello di Italo, milite fascista ferito in guerra, e la suora dell'Istituto per gli orfani che ospita Vanda.
Lungo il binario doppio delle storie, Bisio muove la macchina da presa con sicurezza, trovando nell'affiatamento degli interpreti e nella loro partecipazione emotiva la malta ideale con la quale cementare un patto che funziona: L'ultima volta che siamo stati bambini è un film delicato e potente al tempo stesso. Non ci credete? venite a scoprirlo dalle parole di Claudio Bisio!
Buona visione!
Che cinema, maestro!
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