“Come viaggiare coi bambini senza perdere la testa”.
Questo titolo nella sezione viaggi di un giornale inglese mi riporta indietro nel tempo: a quando mio figlio era piccolo e le vacanze non erano esattamente un periodo di relax e riposo per i genitori. In particolare, le vacanze invernali, che un buon numero di italiani si ostinano a passare con la famiglia in montagna. Nonostante in montagna ci sia sempre meno neve.
E a dispetto del fatto che andare a sciare con i figli piccoli sia l’equivalente del servizio militare. Poiché questo è il periodo dell’anno in cui si fanno i preparativi per vacanze di questo tipo, mi permetto un breve ripasso.
Primo, bisogna svegliare i bambini presto esattamente come quando vanno a scuola: perché in montagna vanno a scuola di sci e le lezioni cominciano in genere alle 9 del mattino.
Solo che i bambini proprio non ce la fanno ad alzarsi, perché si sentono giustamente in vacanza e la sera hanno fatto più tardi, talvolta molto più tardi, di quando sono in città.
Secondo, non basta vestirli come in città, ma bisogna fargli indossare l’abbigliamento da sci, vari strati di calzamaglia, pantaloni, tuta, maglioni, giacche a vento, passamontagna, casco, guanti, per tacere degli scarponi da allacciare, che sono sempre troppo stretti o non abbastanza stretti.
Terzo, quando i bambini sono finalmente così vestiti e pronti per andare a prendere gli sci al deposito dell’albergo, inevitabilmente arriva la frase “mi scappa la pipì”, o peggio, il che comporta aiutarli a svestirsi e rivestirsi a tempo di record. Ma il genitore accetta il compito di buon grado, riflettendo che almeno la corsa in gabinetto si fa in hotel, non in un bar lungo la strada o nel rifugio sulle piste.
A questo punto i bambini vengono consegnati al maestro e padri e madri potrebbero rilassarsi o sciare per qualche ora per conto proprio: ma hanno bisogno di un grappino per rimettersi in sesto ed è già ora di ricevere i pargoli in consegna, per il pranzo al rifugio. Seguono alcune ore di discese in compagnia dei figli, fra cadute, sci che si staccano e che bisogna riallacciare, corse alla toilette di cui sopra.
Quindi si torna in albergo, nella cui piscina o centro benessere, si fa per dire, bisogna portare i bambini, stando attenti che non affoghino o non sbattano la testa sullo spigolo gettandosi dal trampolino. Dopo cena, incredibilmente, i bambini hanno ancora energie da spendere, al contrario dei loro genitori che hanno a malapena la forza per una partita a carte.
Il bello è che, a ripensarci adesso, uno ha perfino nostalgia di vacanze simili.
Ma è - appunto - come quelli che ricordano quant'era bello il servizio militare: la pensavano diversamente, mentre lo facevano.
O forse è la nostalgia di essere più giovani, come eravamo quando avevamo i figli piccoli. Sarà per questo che l’articolo in questione non spiega veramente come viaggiare con i bambini “senza perdere la testa”. La testa si perde, non c’è niente da fare.
Eppure non smettiamo di andarci, in vacanza con i figli.
Altre riflessioni di Enrico Franceschini
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