Lunedì 30 gennaio 2023
Strani fenomeni sono successi nella Giorno della Memoria.
La presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha, nuovamente, ricordato l’olocausto come “l’abisso dell’umanità”, cui ha partecipato anche l’Italia con “l’infamia delle leggi razziali”; e questo fa sempre piacere.
Ha dimenticato però un bel po’ di cose.
La prima è che l’Italia – l’Italia di Salò, a lei così cara – partecipò all’olocausto fattivamente, con l’organizzazione della deportazione di 8000 ebrei allora residenti in Italia. La seconda è che appena l’altro giorno Meloni ci ha tenuto a ricordare come suoi mentori Pino Rauti, il più fanatico degli antisemiti italiani, e Giorgio Almirante, che sbarcava il lunario facendo di redattore del quindicinale La difesa della razza. Non paga, ha voluto nel suo governo – sottosegretaria alla Difesa! – la figlia devota di Pino Rauti, Isabella, eletta in parlamento battendo l’”ebreo” Emanuele Fiano nel più famoso ex collegio della sinistra, Sesto San Giovanni.
Meloni ha evidentemente problemi, con la propria memoria.
Giorgia Meloni è peraltro la stessa – unica premier in Europa, oltre Orban - che accusa l’ebreo George Soros di essere una delle cause principali dei mali del mondo e dell’Italia; ma, sempre nell’occasione del Giorgio della Memoria, ha addirittura nominato un “coordinatore per la lotta contro l’antisemitismo” (... ohibò!) nella persona del prefetto Giuseppe Pecoraro, 72 anni, il quale però ha un curriculum infelice.
Fu lui, per esempio, ad autorizzare i funerali pubblici del responsabile delle Fosse Ardeatine Erich Priebke, che si trasformarono in un osceno sfoggio neonazista, “perché i morti sono tutti uguali”. Fu sempre lui a dare assicurazioni alla comunità ebraica romana, preoccupata dell’aggressività antisemita, con un sinistro “Roma non è Tel Aviv”.
Speriamo che Pecoraro migliori, con l’età.
Ha fatto anche un certo scalpore una certa Elena Donezzan, assessore regionale all’istruzione del Veneto, la quale – in occasione del Giorno della Memoria del coraggio degli Alpini, che rievoca il 26 gennaio 1943, data della sconfitta delle truppe nazifasciste in località Nikolajewka, quando i nostri furono messi in fuga dall’esercito sovietico e iniziarono la famosa e tragica ritirata - nel rievocare la sconfitta nazifascista ha aggiunto un “purtroppo”; cosa che oggi nessun Alpino direbbe.
Un po’ di storia sarebbe utile all’assessore, ma anche un po’ di geografia. Tra il 26 gennaio 1943, memoria degli Alpini coraggiosi, e il 27 gennaio 1945, data dell’ingresso delle truppe sovietiche nel campo di sterminio di Auschwitz, passano esattamente due anni.
Nikolajewka è situata circa 700 kilometri a nord est di Auschwitz, Polonia.
L’esercito sovietico, per fare quei 700 kilometri, ci mise due anni. “Purtroppo”.
Vogliamo segnalarvi il nostro approfondimento dedicato ai bambini sul Giorno della Memoria, e l'intervista a Elena Bissaca, organizzatrice per l'associazione Deina dei viaggi della memoria.
Di
| Il Mulino, 2020Di
| Bompiani, 2020Di
| Piemme, 2021Di
| Bollati Boringhieri, 2002Potrebbero interessarti anche
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