La gente in attesa cominciò ad attraversare la strada camminando sulle strisce bianche dipinte sul nero dell'asfalto, non c'è niente che assomigli meno a una zebra, eppure le chiamano così.
Cecità ha bruciato le tappe che i canoni dell'accademia solitamente impongono ai libri per decretarne lo status di "classici".
Sono passati relativamente pochi anni dalla pubblicazione del capolavoro di José Saramago, eppure Cecità si è imposto alla coscienza dei lettori con una forza che non ammette dubbi o repliche.
Fra i tanti estimatori del libro, Sigfrido Ranucci occupa certamente un posto di rilievo.
«L’angoscia, l’alienazione dei personaggi ci arrivano oggi ancora più autentiche, e riscoprendo un classico come Cecità non possiamo non creare parallelismi con il periodo che stiamo vivendo.» – Viola Patalano per Maremosso
Ensaio sobre a Cegueira, recita il titolo originale del libro.
Letteralmente, "Saggio sulla cecità". Ma anche i capolavori fanno i conti con le logiche editoriali e si ritenne che la parola "saggio" avrebbe potuto spaventare una parte dei potenziali lettori del libro. Cecità, dunque. E oggi ci sembra che non avrebbe potuto essere diversamente (tale è la forza dei classici: si finisce col considerare implausibile ogni possibile destino alternativo a quello che ce li ha consegnati così come sono). La cecità è quel velo glauco e impenetrabile col quale ogni lettore si trova a fare i conti dopo poche pagine di immersione in quel mare lattiginoso e opaco nel quale Saramago, con l'economia suprema di mezzi che è propria della sua prosa, fa vagare i suoi personaggi.
Viviamo in una società dove si è persa la capacità di osservare e questo libro […] credo sia il libro giusto per recuperare ciò che abbiamo perduto
Cecità è un libro che riesce a costruire un mondo narrativo completamente credibile.
La prosa è asciutta - scabra, quasi - i personaggi diventano archetipici nel loro essere completamente riassunti dalla funzione che svolgono, e senza nemmeno avere un nome cui appendere una possibile affezione o un principio di identificazione.
Cecità, insomma, è un libro che chiede ai suoi lettori di porsi domande, esattamente come Report chiede di fare ai suoi spettatori. E Sigfrido Ranucci è un lettore che conosce il valore dell'attenzione. Già: l'attenzione, bene scarso, soprattutto di questi tempi.
Ma il direttore di Report ha costruito la sua autorevolezza professionale proprio sullo scrupolo con cui tratta temi e protagonisti delle sue inchieste.
Non stupisce, dunque, che un romanzo nel quale i personaggi non vengono nemmeno chiamati per nome ma evocati in base alla funzione sociale che svolgono abbia colpito la sua immaginazione. In margine all'intervista che Ranucci ci ha concesso per parlare del suo ultimo libro La scelta, dunque, ecco una chiosa apparentemente lontana dai temi che al suo libro danno forma, eppure completamente coerente con quegli stessi temi.
Buona visione, e buona lettura!
La cecità stava dilagando, non come una marea repentina che tutto inondasse e spingesse avanti, ma come un’infiltrazione insidiosa di mille e uno rigagnoli inquietanti che, dopo aver inzuppato lentamente la terra, all’improvviso la sommergono completamente.
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