Una conversazione con il giornalista e scrittore Luca Sommi per tornare ad apprezzare il valore della nostra Carta più importante, alla vigilia di un 25 aprile che si annuncia cruciale, per le domande che solleva e le risposte che a queste verranno date.
Soffia un vento freddo, di disaffezione alla politica e di crescente sentimento di paura. I massimalismi e le parole d'ordine tornano a risuonare imperiosi negli spazi del dibattito pubblico, sempre più angusti e presidiati da pochi. E allora non c'è che tornare alle origini della nostra cittadinanza, e farlo magari attraverso il libro - s'intitola La più bella ed esce oggi per Baldini + Castoldi - nel quale Sommi ci porta per mano a scoprire perché oggi, più che mai, vale la pena difendere la nostra Costituzione.
Maremosso: Buongiorno Luca Sommi, come va?
Luca Sommi: Abbastanza bene, se così si può dire nel momento storico che stiamo vivendo.
MM: Parliamo del libro “La più bella”, in uscita per Baldini + Castoldi. La costituzione, scrivi, va “abitata”, più che interpretata: nel senso che è uno spazio, un disegno che indica linee e forme che saremo poi noi cittadini a dover riempire con i nostri valori e con i comportamenti. In questo senso, e per abbracciare la metafora che ha immaginato, possiamo dire che nel nostro paese ci sono un sacco di inquilini morosi? Di cittadini cioè che sono pronti a godere dei benefici che il condominio garantisce loro, ma non vogliono pagare…
LS: Sì, certo, come capita spesso in Italia in mezzo alla maggioranza di persone oneste ci sono molti che fanno i furbi, che oltre a eludere le regole non fanno nulla per dare corpo ai principi fondamentali della Costituzione. Tra questi metterei in prima fila molti politici.
MM: Il fascismo è l’unica eccezione alla libertà costituzionalmente garantita di libera espressione delle idee, perché è di per sé stesso la negazione di quel principio. Eppure, la Carta - che è nata dalle ceneri di una guerra civile - non ha preparato adeguatamente un terreno pronto a riconoscere nel fascismo un vulnus che andava impedito ad ogni costo, nell’arco costituzionale. Come mai, a suo avviso?
LS: Vietare la ricostituzione del partito fascista e, di conseguenza, la sua apologia sono dettami abbastanza chiari, credo. Poi sta alle istituzioni, ai corpi intermedi e ai cittadini realizzare tali disposizioni.
In questo racconto sentimentale Luca Sommi ci porta a scoprire la bellezza della nostra Carta fondamentale. Per amarla come merita. E per difenderla quando serve. Prefazione di Michele Ainis.
MM: A proposito: a che punto siamo, oggi, con la “normalizzazione” del retaggio fascista? E quali presidi sono all’opera per tenere alta la guardia?
LS: Il Fascismo è stato il contrario della società che “disegna” la nostra Costituzione: pochi diritti, e quei pochi erano concessi dall’alto.
Con l’avvento della Carta tutti i diritti negati dal Fascismo sono stati riconosciuti – un verbo che sottende al fatto che quei diritti esistano in natura, che sono preesistenti alla Carta – e tutelati dai padri costituenti. Ergo, ogni piccola cosa che riporti indietro a quel ventennio nefasto va condannata, senza "se" e senza "ma".
MM: La “costituzione come rivoluzione” è un concetto che forse può aiutare a rimettere in una prospettiva più dinamica quel che erroneamente riteniamo essere un dato immutabile e in qualche modo “a-storico”. La costituzione è il frutto di uno scontro accesissimo rispetto a un ordine precedente che comportava iniquità e prevaricazioni. Ma per tenerla viva, aderente all’ordine sociale che deve garantire, c’è bisogno di una “rivoluzione permanente”, per così dire, e bisognerebbe che ciascun cittadino se ne facesse promotore divulgandola, raccontandola, riempiendola di domande e di confronto. Da dove cominciare?
LS: Cominciamo dal riconoscerne l’alto valore rivoluzionario: in un giorno da sudditi siamo diventati cittadini; in un giorno tutti i cittadini si sono visti riconoscere pari dignità sociale, indipendentemente da altri fattori: sociali, economici, religiosi, politici che siano. Ripartiamo dalla parola "dignità" e diffondiamola, perché non è sempre scontata: prima della Carta non era garantita. E poi rileggiamo questo testo meraviglioso, amiamolo, è stato scritto per proteggerci dal Potere, dal sopruso, dalla prevaricazione.
Solo rileggendolo con attenzione lo potremo applicare, cosa che ancora non è stata fatta.
MM: Quando, nel 2016, il Governo Renzi cadde sul referendum per la proposta di modifica della Costituzione (irritualmente avanzata dal Governo in carica e non dal Parlamento), ci fu un momento di riflessione collettiva sull’attualità della Carta e sulla sua presunta “intoccabilità”. Qualche anno dopo, a bocce ferme, possiamo dire che il secco “NO” espresso dalla volontà popolare fu il frutto di una pregiudiziale ideologica o fu invece ben motivato nel merito delle questioni che toccava?
LS: Calamandrei diceva che la riforma della Costituzione era cosa del Parlamento e che in quel frangente il Governo non doveva neanche sedere sugli scranni, proprio per starne lontano anche fisicamente. Renzi ha intestato una riforma epocale alla sua figura, una sorta di sondaggio sul suo percorso politico. Ha perso per due motivi: perché i cittadini hanno cominciato a capire chi era e poi perché era una riforma a dir poco strampalata.
MM: Il contratto sociale di Rousseau vuole che “Da ognuno secondo le sue capacità a ognuno secondo i suoi bisogni”. Oggi il contratto è in crisi, e – ancora una volta – sembra un problema che origina in un dato culturale. L’impressione, leggendo il libro e mettendone a confronto le osservazioni con quel che possiamo osservare, è che sia venuta meno una trasmissione per via pedagogica di alcuni valori fondamentali. Una scuola pubblica più forte sarebbe una risposta possibile?
LS: Ovviamente sì. Servirebbe una riforma che nessuno ha fatto, né destra né sinistra, ossia quella di mettere il corpo docente al centro.
Saint-Exupéry scriveva che per formare un marinaio non serviva insegnarli a costruire una barca bensì serviva infondergli la nostalgia del mare. Ecco, per formare un cittadino io credo che serva infondergli la nostalgia della bellezza, soprattutto quella etica. Per questo servirebbe mettere i professori e le professoresse al centro di una riforma che consenta loro di iniziare questo percorso.
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