Circola su YouTube un video di 75 minuti in cui Cormac McCarthy, secondo alcuni il più grande scrittore americano vivente, dialoga con scienziati del Santa Fe Institute. Il titolo del video è “I could not care less”, non me ne poteva importare di meno. Sottinteso: della scienza.
Ma questo atteggiamento, fa capire il romanziere attraverso la scelta stessa di dialogare con autorevoli scienziati, non è più il suo. Nell’era del cambiamento climatico e della crisi energetica, nessuno può ignorare la scienza.
Guarda caso i suoi ultimi romanzi, con dotte digressioni su matematica e fisica, entrano in un terreno alquanto diverso da quello post-apocalittico del titolo che gli ha dato la fama, La strada.
La maggiore attenzione di McCarthy per la scienza sottolinea un cambiamento che abbiamo tutti sotto gli occhi: il declino delle materie umanistiche. Il numero di studenti che iscrivono a facoltà come letteratura, storia o filosofia cala progressivamente, in Inghilterra come in Italia, negli Stati Uniti come in Giappone, mentre aumenta quello degli iscritti a ingegneria, fisica o robotica. Gli esperti danno varie motivazioni della tendenza.
La rivoluzione digitale è uno di questi motivi: c’è bisogno di ingegneri elettronici e programmatori di software più che di archeologi e letterati. Un altro è che i lavori scientifici promettono migliori salari. Un terzo è che la scienza non è politicizzata, mentre la cultura sì, e in giro si avverte stanchezza verso la politica, perlomeno quella tradizionale.
Naturalmente ci sarà sempre bisogno di medici e avvocati, due professioni considerate una via di mezzo fra scienza e umanesimo. Ma se un tempo era dato per scontato che i leader in qualunque campo avessero un background umanistico, oggi è vero il contrario. Una ragione sarà anche che alcuni laureati in materie umanistiche non hanno dato ultimamente grandi risultati: vedi due recenti premier britannici, Boris Johnson laureato in storia e letteratura greca e latina, e Liz Truss, laureata in filosofia. Non che il loro successore Rishi Sunak, laureato in economia, stia facendo molto meglio. Personalmente, il declino delle materie umanistiche mi dispiace: a scuola in matematica e fisica ero un disastro, anche perché mi ero iscritto al liceo scientifico, per polemica verso i genitori che avevano fatto il classico, e perché dicevo di voler imparare l’inglese, non il greco antico (finii per non imparare né l’uno né l’altro).
Ma mi rendo conto che il mondo è sempre più della scienza ed è giusto così, anzi per fortuna è così: come hanno dimostrato nei giorni scorsi gli scienziati americani arrivando ormai alla fusione nucleare, ovvero all’energia pulita. Spero solo che continui a esserci bisogno dei giornalisti, come il sottoscritto, anche se non capiscono niente di scienza.
Altre riflessioni di Enrico Franceschini
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